Concordato Preventivo

Giudizio annullamento e inammissibilità concordato preventivo


Il concordato preventivo è uno strumento giuridico che, nel corso degli anni, ha subito numerose riforme ed è stato oggetto di svariate pronunce della Corte di Cassazione. In ultimo, la Prima Sezione Civile della Cassazione si è pronunciata lo scorso 14 settembre 2016 depositando due sentenza di grande importanza. Nelle citate pronunce, infatti, la Suprema Corte ha voluto fornire una propria interpretazione in ordine alla procedura di annullamento del provvedimento omologato e in ordine al giudizio di inammissibilità del piano concordatario. Si tratta di due pronunce molto interessanti per gli addetti ai lavori che andremo ad affrontare nei paragrafi che seguono.

Il concordato preventivo nella recente sentenza della Cassazione: l’annullamento per falsa situazione patrimoniale

Con la sentenza n. 18090/2016, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema dell’annullamento del provvedimento omologato per falsa situazione patrimoniale dichiarata dall’imprenditore. In particolare, la Suprema Corte ha voluto innanzitutto sottolineare la natura e la funzione dell’annullamento del concordato preventivo omologato. Tale annullamento, infatti, può essere definito come un rimedio che la Legge mette a disposizione dei creditori tutte quelle volte in cui sia risultata falsata la rappresentazione della effettiva situazione patrimoniale dell’impresa proponente. Per poter azionare la procedura di annullamento del provvedimento di concordato preventivo omologato è necessario, ovviamente, che il concordato sia stato approvato dai creditori ed omologato dal Tribunale proprio sulla base della falsata situazione patrimoniale. Si tratta, a ben vedere, di tutte quelle ipotesi in cui l’impresa che richiede l’accesso alla procedura concordataria mette in pratica uno dei seguenti comportamenti:

  1. esagera dolosamente sull’entità del passivo;
  2. omette di denunciare uno o più crediti vantati nei confronti di terzi;
  3. pone in essere tutta una serie di altri atti per frodare e per indurre in errore i suoi creditori in ordine alla convenienza e alla fattibilità del concordato proposto.

La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 18090/2016, ritiene inoltre che vi sia la stessa ratio legis tra le fattispecie che legittimano la revoca dell’ammissione al concordato e tra le fattispecie che determinano l’annullamento dell’omologazione del concordato. I giudici di legittimità, infatti, hanno sottolineato come sul piano squisitamente fattuale sarebbe incomprensibile assegnare diversa importanza e rilevanza a determinate condotte (simili tra di loro perché atti di frode) soltanto perché vengono poste in essere in momenti differenti.

Ebbene, partendo da tale presupposto, la Corte di Cassazione si è espressamente discostata dall’orientamento dottrinale secondo cui le fattispecie che rendono ammissibile l’annullamento del concordato debbano avere natura tassativa.

Il concordato preventivo nel recente orientamento della Cassazione: l’inammissibilità del concordato sui dati dell’attestatore

Nella seconda sentenza, la n. 18091/2016, la Corte di Cassazione ha affrontato un ulteriore tema molto importante per gli “addetti ai lavori”. In particolare, i Giudici di legittimità hanno evidenziato che il Tribunale è legittimato a dichiarare inammissibile una proposta di concordato preventivo analizzando i dati forniti dal professionista attestatore. Secondo la Corte di Cassazione, dunque, non vi sarebbe nessuno “sconfinamento di poteri” del Tribunale che opera in tal senso.

Per comprendere al meglio la portata della sentenza n. 18091/2016 pronunciata dalla Corte di Cassazione, è necessario esaminare la fattispecie affrontata dai Giudici di legittimità.

Nel caso affrontato dalla Suprema Corte, era stato respinto il ricorso presentato da una Srl in liquidazione contro il provvedimento di inammissibilità della proposta di concordato che la stessa Srl aveva presentato.

Nei motivi a sostegno del ricorso, la Srl in liquidazione sottolineava che il Tribunale aveva concentrato la sua disamina non solo sulla legittimità della proposta di concordato preventivo ma anche sul merito. In particolare, lamentava la Srl in liquidazione, il Tribunale aveva esteso il controllo anche all’attendibilità della relazione presentata dal professionista attestatore. Nel provvedimento con cui il Tribunale aveva respinto il ricorso presentato dalla Srl, emergeva che il Giudice aveva considerato insussistenti le condizioni previste dagli articoli 160 e 161 della Legge Fallimentare poiché dalla lettura dell’attestazione del professionista emergeva chiaramente una circostanza fondamentale: il terzo preposto ad “apportare finanza” non avrebbe palesemente potuto portare a compimento il suo impegno attingendo alle risorse della gestione operativa. Avrebbe, invece, dovuto fare ricorso ad una fideuiussione rilasciata da una società di assicurazione di secondaria importanza.

Ebbene, la Suprema Corte nella sentenza n. 18091/2016 ha ritenuto invece corretto l’iter logico del Tribunale ed ha sottolineato come il Giudice abbia la facoltà di verificare anche la “fattibilità giuridica” della proposta concordataria. Il Tribunale, infatti, come evidenziato dalla Corte di Cassazione nella citata sentenza, ha il compito di “esprimere un giudizio negativo in ordine all’ammissibilità quando le modalità attuative risultino incompatibili con norme inderogabili”.


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