Concordato Preventivo

Mose: depositato il concordato preventivo


Il 31 luglio 2021 è stata presentata la domanda di concordato preventivo per il Consorzio Venezia Nuova. La domanda, redatta e firmata dal commissario liquidatore Massimo Miani, arriva dopo la bocciatura, da parte del Tribunale di Venezia, dell'accordo di ristrutturazione del debito presentata dal CVN il 7 maggio scorso. Nel respingere la proposta d'accordo, i giudici hanno sottolineato "l'insussistenza di trattative rilevanti". L'accordo, infatti, prevedeva il pagamento del 70, 80 % dei debiti contratti con i creditori. Si è dunque giunti alla necessità di ricorrere allo strumento del concordato preventivo al fine di tutelare sia la massa di creditori, sia gli interessi del Consorzio che ha in mano la costruzione del Mose di Venezia.

Lo stato di crisi

Malgrado le paratie del Mose si siano alzate e, in alcuni casi, abbiano difeso Venezia dall'acqua alta, l'opera non è ancora completata a titolo definitivo. Sono finiti invece i soldi destinati a realizzare questa importante opera d'ingegneria navale. Infatti il Consorzio Venezia Nuova, incaricato della realizzazione del Mose, già da qualche tempo, ormai, non riceve più trasferimenti di denaro liquido da parte dello Stato Italiano. In realtà lo stato di crisi che ha portato alla domanda di concordato preventivo, era iniziato tra la fine di marzo e l'inizio di aprile del 2021. Già all'epoca, infatti, i debiti del Consorzio Venezia Nuova ammontavano a un cifra che oscillava tra i 250 e i 300 milioni di euro.

Fino allo scorso maggio i soldi che arrivavano nelle casse delle imprese consorziate, bastavano a malapena a stipendiare i dipendenti. Da qui il blocco dei lavori e l'impossibilità, da parte del Consorzio di far fronte alle richieste di pagamento da parte delle ditte creditrici. In questa situazione le imprese che lavorano alla realizzazione del Mose sono entrate in crisi. Per queste aziende all'orizzonte si intravedono le nuvole scure del concordato, del fallimento e della chiusura. A essere in difficoltà, tuttavia, non sono solo le piccole e medie imprese consorziate ma anche colossi come Kostruttiva e CCC. In questa ottica l'accoglimento, da parte del Tribunale di Venezia, della domanda di concordato, potrebbe sbloccare la situazione e fa ripartire i lavori già a settembre.

La situazione in concreto

Con il commissariamento del Consorzio Venezia Nuova, con la mancanza cronica di liquidità, i cantieri per il completamento delle dighe si sono dovuti fermare. La situazione debitoria è tale che, per esempio la friulana Cimolai, vincitrice di un appalto per 29 milioni di euro, ne ha ricevuti solamente 5,8. Se non arriva il saldo della commessa si paventa lo spettro della cassa integrazione per 100 lavoratori e il blocco dei cantieri. In una situazione simile versa anche il colosso Abb, vincitore di un appalto per l'impiantistica del Mose. Inoltre, in questa situazione, si è bloccata anche la gara per l'assegnazione dei lavori di manutenzione delle dighe di Treporti, oramai vecchie e bisognose di sistemazione.

La situazione è talmente grave che grandi aziende come la Mantovani, Grandi Lavori e Condotte SpA se non avessero partecipato ai lavori di realizzazione del Mose, oggi si troverebbero a figurare tranquillamente nella Top ten delle ditte costruttrici. Inchieste e scandali hanno ucciso il fior fiore dell'imprenditoria italiana. In questo senso il caso più eclatante è quello della Condotte SpA. L'impresa, nata nel 1880, è sopravvissuta allo scandalo legato a Michele Sindona, all'acquisto da parte dell'IRI e alle privatizzazioni, ha realizzato la parte italiana del traforo del Monte Bianco ed era arrivata a fatturare 1.3 miliardi di euro. Ebbene dal 2018 la Condotte SpA è in amministrazione straordinaria ed è entrata in uno stato di crisi che non ha precedenti nella storia dell'azienda.

Le origini della crisi odierna e le sue conseguenze Le origini della crisi in cui versa sia il Consorzio Venezia nuova sia le principali ditte costruttrici, affonda le radici nello scandalo delle tangenti per il Mose del 2014. All'epoca si scoprì, infatti, che alcune aziende avevano pagato per garantirsi i finanziamenti. I successi processi e gli scandali in cui sono state protagoniste le aziende coinvolte, hanno determinato la successiva crisi di tutto l'impianto economico finanziario che girava intorno alla realizzazione delle dighe contro il fenomeno dell'acqua alta a Venezia. Questa situazione ha decapitato i vertici delle imprese più importanti che, nella loro caduta, hanno trascinato con se anche le imprese più piccole. Un effetto domino che ha portato alla situazione odierna.

In questa maniera la crisi e gli scandali del Mose hanno avuto come effetto principale quello di far scomparire dal panorama imprenditoriale Italiano colossi aziendali come la Mantovani, evaporata dopo una cessione. La Grandi Lavori Fincosit che si è progressivamente ridotta diventando, oggi, una piccola azienda. E la Condotte S.p.A che è finita nel tunnel senza fine del commissariamento. La realizzazione delle dighe per il contenimento dell'acqua alta, un opera che doveva essere il fiore all'occhiello del comparto costruzioni nazionale, si è rivelata, invece, un vera e propria macchina infernale. Capace di trangugiare imprese e denaro. In questa situazione forti sono i dubbi di una reale e finale realizzazione di quest'opera ciclopica.

I conti in tasca al Consorzio Nuova Venezia

Il Consorzio Nuova Venezia ha un arretrato da saldare pari a circa 200 milioni di euro. Un arretrato che nasce, come abbiamo visto, nel 2014 quando un inchiesta aveva svelato una sistema si sprechi faraonici. Proviamo allora a vedere i conti del Consorzio un pochino più nel dettaglio. Ovviamente quelle riportate sono cifre stimate e approssimative. Venticinque milioni di euro per pagare partite di giro tra le consociate Comar e Thetis e lo stesso Consorzio Nuova Venezia. Altri 25 milioni di euro in opere civili. Appalti, questi, vinti soprattutto da imprese di piccole e medie dimensioni. Cento milioni per in ripristini e, infine 40 milioni di euro in appalti conclusi o appalti finali per il completamento del Mose.

Il passato e il futuro del Mose

Per rimediare ad un gestione fallimentare i commissari che si erano occupati, a suo tempo, del Mose, Luigi Magistro, Giuseppe Fiengo e Francesco Ossola avevano messo in campo rimedi non troppo efficaci, concentrandosi soprattutto sul proseguimento dei lavori. Ad oggi la realizzazione di queste imponenti dighe è quasi conclusa e il Mose lo abbiamo già visto funzionare almeno in un paio di occasioni. Malgrado ciò il Consorzio che lo ha realizzato è in liquidazione e si è ricorsi allo strumento del concordato preventivo. Questa è dunque l'eridità del passato e la situazione nel presente. Ora ci si può domandare: quale futuro aspetta il Mose? A oggi, infatti, non esiste una figura in grado di gestire il Mose nel pieno della sua funzionalità.

Foto: fanpage.it


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