La normativa fallimentare, a seguito delle modifiche legislative, non è più soltanto "punitiva" ma mira a garantire, a tutelare e a conservare (ove ciò sia possibile) l'attività dell'impresa. Una legge, quella Fallimentare, che cerca allora di semplificare ed accelerare le procedure, snellendole.
Il fallimento: cos'è
Il fallimento è una procedura concorsuale avente uno scopo ben preciso: soddisfare, in maniera coattiva, le ragioni e gli interessi dei creditori. Nel fallimento i creditori vengono tutti posti in una condizione di parità reciproca (altrimenti nota come par condicio creditorum) tramite la messa in liquidazione di tutte le attività esistenti nel patrimonio dell'imprenditore che si è dimostrato insolvente.
Il fallimento: presupposti per la sua declaratoria
Affinchè si possa dichiarare il fallimento, la legge richiede la necessaria sussistenza di due presupposti:
- Presupposto soggettivo
- Presupposto oggettivo
Il fallimento: presupposto soggettivo
L'art. 1 della Legge Fallimentare individua la natura dell'imprenditore che può essere assoggettato a procedura fallimentare. Ai sensi della L.F., dunque, sono assoggettabili al fallimento gli imprenditori che esercitano un'attività commerciale. Sono esclusi gli imprenditori agricoli, i piccoli imprenditori e gli enti pubblici. Il legislatore, nel 2006, ha riformato seppur in minima parte il concetto di "piccolo imprenditore", restringendo in questo modo il campo ed il numero delle categorie di imprenditori assoggettabili alle procedure concorsuali. A seguito della riforma, dunque, sono stati esclusi dall'assoggettabilità a fallimento gli imprenditori che esercitano un'attività commerciale, in forma collettiva oppure individuale, che:
- abbiano investito nell'azienda un capitale di valore superiore a 300.000 euro;
- abbiano realizzato, nell'anno, ricavi lordi complessivi superiori a 200.000 euro. Tali ricavi vanno calcolati sulla media degli ultimi tre anni o dall'inizio dell'attività, se di durata inferiore.
E' importante sottolineare, comunque, che questi limiti vengono aggiornati ogni tre anni con decreto del Ministro della giustizia affinchè siano adeguati alle variazioni degli indici Istat.
Il fallimento: presupposto oggettivo
L'art. 5 del r.d. n. 267/1942 prevede che l'imprenditore, per essere dichiarato fallito, deve versare in stato d'insolvenza. L'imprenditore deve, cioè, trovarsi in uno stato tale da non riuscire più a soddisfare, con regolarità, le proprie obbligazioni. Sul punto è intervenuta la Suprema Corte di Cassazione che, con sentenza n. 4789/2005 ha puntualizzato il concetto di "stato d'insolvenza". La giurisprudenza di legittimità ha affermato che: "lo stato d'insolvenza dell'imprenditore commerciale, quale presupposto per la dichiarazione di fallimento, si realizza in presenza di una situazione d'impotenza strutturale e non soltanto transitoria a soddisfare regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni a seguito dei venir meno delle condizioni di liquidità e di credito necessarie alla relativa attività". L'insolvenza dell'imprenditore, poi, può manifestarsi anche i seguenti indicatori:
- chiusura dei locali;
- fuga, irreperibilità e latitanza dell’imprenditore;
- trafugamento, la sostituzione o diminuzione fraudolenta dell’attivo;
- rifiuto espresso dalle banche di intrattenere rapporti di credito o commerciali con l’impresa;
- suicidio o tentato suicidio dell'imprenditore;
- procedimenti esecutivi avviati dai creditori nei confronti dell'imprenditore;
- vendita della merce sottocosto;
- ricorso all'usura
La dichiarazione di fallimento: iniziativa
L'art. 6 del r.d. n. 267/1942, sostituito dall'art. 4 del d. lgs. n. 5/2006, stabilisce che il fallimento possa essere dichiarato:
- Dietro ricorso del debitore;
- Su ricorso di uno o più creditori;
- Su istanza del pubblico ministero;
E' importante sottolineare che dal riformato art. 6 della Legge Fallimentare, è scomparso il riferimento all'iniziativa d'ufficio per la dichiarazione di fallimento. Dopo la riforma, infatti, tale iniziativa è stata circoscritta alla fattispecie disciplinata dall'art. 7 della Legge Fallimentare. In questo caso, infatti, è prevista l'iniziativa del Pubblico Ministero nei seguenti casi:
- quando l'insolvenza dell'imprenditore sia risultata nel corso di un procedimento penale;
- in caso di fuga, irreperibilità o latitanza dell'imprenditore;
- in caso di chiusura dei locali dell'impresa;
- in caso di trafugamento,sostituzione o diminuzione fraudolenta dell'attivo;
- quando l'insolvenza sia risultata a seguito di segnalazione effettuata dal giudice che l'abbia rilevata nel corso di un procedimento civile.
L'art. 14 della Legge Fallimentare, poi, prevede alcuni precisi obblighi a carico dell'imprenditore che richiede il proprio fallimento. In questo caso l'imprenditore dovrà depositare, presso la Cancelleria del Tribunale la seguente documentazione:
- le scritture contabili e fiscali obbligatorie relative ai tre esercizi precedenti. Se l'impresa ha avuto minore durata l'imprenditore dovrà depositare la documentazione relativa all'intera esistenza dell'impresa stessa;
- uno stato particolareggiato ed estimativo delle attività;
- l'elenco nominativo dei creditori, dei rispettivi crediti. In tale elenco dovranno essere specificati anche coloro che vantano diritti reali e personali sui beni in possesso possesso dell'imprenditore con l'indicazione dei relativi titoli.
Ricordiamo, poi, che gli imprenditori (collettivi e individuali), possono essere dichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese. In questi casi, ex art. 10 L.F., l'insolvenza deve essersi manifestata anteriormente alla medesima o entro l'anno successivo. Ex art. 11 L.F., inoltre, il fallimento dell'imprenditore defunto può essere dichiarato su richiese dell'erede purchè non ci sia già stata confusione tra il suo patrimonio ed il cespite ereditario. Infine, l'art. 12 stabilisce che se dopo la dichiarazione di fallimento l'imprenditore decede, la procedura prosegue nei confronti degli eredi, fatto salvo il beneficio d'inventario.