Bancarotta

Bancarotta preferenziale e orientamenti espressi in Giurisprudenza


Il delitto di bancarotta preferenziale è disciplinato dall’articolo 216 della Legge Fallimentare. La norma punisce l’imprenditore che, volontariamente, decide di soddisfare alcuni creditori tralasciando gli altri, in palese e netta violazione del principio della par condicio creditorum. L’articolo 216 L.F. stabilisce infatti che: “omissis… è punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione”.

Il reato di bancarotta preferenziale è molto comune: sono davvero molti i casi in cui l’imprenditore decide di utilizzare le ultime risorse economiche per soddisfare le pretese di quei creditori più “esigenti” a danno dei creditori più “accomodanti”. Ed è proprio per la frequenza con cui viene commesso, nella prassi, il delitto di bancarotta preferenziale che la Giurisprudenza ha avuto modo, più e più volte, di pronunciarsi sui confini e sul contenuto della categoria delittuosa in esame.

Nel paragrafo che segue esamineremo i più interessanti ed importanti orientamenti della Giurisprudenza sul tema della bancarotta preferenziale.

La bancarotta preferenziale: gli orientamenti espressi in Giurisprudenza

Con Sentenza n. 34505 del 06/06/2014 la Corte di Cassazione ha espresso una massima di grande importanza per il futuro ed ha escluso l’applicabilità del reato di bancarotta preferenziale ad alcune condotte. In particolare, la Suprema Corte ha stabilito che, nel caso in cui il socio creditore e l’amministratore della società siano due figure che si identificano tra loro, la condotta dell’amministratore che restituisce – in periodo di grande dissesto economico della società – alcuni finanziamenti concessi in precedenza, integra senza dubbio il delitto di bancarotta per distrazione e non il reato di bancarotta preferenziale.

Bancarotta preferenziale e concorso di reato

La Suprema Corte si è espressa anche sul tema del concorso del reato di bancarotta preferenziale. In particolare, con Sentenza n. 40998 del 20/05/2014 ha stabilito che il creditore che – pur essendo consapevole dello stato di grande dissesto economico del debitore fallendo – contribuisce in maniera determinante alla violazione della par condicio creditorum può essere chiamato a rispondere del reato di bancarotta preferenziale ex articolo 216 L.F. La fattispecie, in particolare, si riferisce alla condotta dei soci di un’impresa (poi dichiarata fallita) che, pur essendo a conoscenza del dissesto economico della società, avevano comunque anticipato alcune somme di denaro per consentire alla società di compiere una determinata operazione economica per poi ottenerne l’immediata restituzione.

Il dolo specifico nel reato di bancarotta preferenziale

Ancora, la Suprema Corte ha voluto sottolineare, nella Sentenza n. 15712 del 12/03/2014, che per integrare la fattispecie delittuosa di bancarotta preferenziale è necessaria non solo la palese violazione della par condicio creditorum ma anche il dolo specifico. Quest’ultimo, come molto opportunamente sottolineato dalla Corte, deve essere costituito dalla volontà di “recare un vantaggio al creditore soddisfatto”. E’ inoltre necessaria, secondo la Suprema Corte, la sussistenza dell’elemento soggettivo: l’agente deve, in particolare, accettare l’eventualità di un danno per altri soggetti. La condotta illecita corrispondente al reato di bancarotta preferenziale, dunque, consiste nell'alterazione dell’ordine di soddisfazione dei creditori, così come stabilito dalla Legge. Da ciò deriva la massima espressa dalla Corte di Cassazione che, con Sentenza n. 15712 del 12/03/2014 ha precisato che: “nel caso in cui il fallito provveda al pagamento di crediti privilegiati, la configurabilità del reato di bancarotta preferenziale presuppone il concorso di altri crediti con privilegio di grado prevalente o eguale rimasti insoddisfatti per effetto dei pagamenti "de quibus" e non già di qualsiasi altro credito”.

Il reato di bancarotta preferenziale negli orientamenti della Giurisprudenza: la cessione di crediti

Anche la cessione di crediti pro solvendo, pro soluto o a scopo di garanzia può integrare il reato di bancarotta preferenziale. La Corte di Cassazione, con Sentenza n. 16983 del 05/03/2014, ha infatti sottolineato che, ai fini della configurabilità del reato di bancarotta preferenziale, è irrilevante che il credito venga riscosso materialmente. L’effetto traslativo, secondo la Suprema Corte, si estrinseca già nel momento in cui il cedente ed il cessionario stipulano il loro accordo: da tale atto deriva, infatti, il “depauperamento del patrimonio della società fallita” nonché la “sottrazione del credito alla garanzia dei creditori”.


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