La bancarotta
La bancarotta è il classico reato fallimentare che può essere integrato dal soggetto fallito il quale, dissimulando le proprie disponibilità economiche reali, aggrava così lo stato di insolvenza.
Si distingue in bancarotta fraudolenta e bancarotta semplice.
Nello specifico, la bancarotta fraudolenta presuppone il dolo del fallito e si verifica quando la frode è diretta ad aggravare volontariamente lo stato di insolvenza a danno dei creditori, mentre per quanto riguarda la bancarotta semplice il soggetto fallito colposamente, per semplice imprudenza, ha aggravato la situazione economica della società.
Esenzione dai reati di bancarotta
Vi sono alcune operazioni poste in essere dal fallito che non integrano il reato di bancarotta.
Dette esenzioni sono state inserite nella Legge Fallimentare solamente nel 2010, con il d.l. 78/2010 convertito in L. 122/2010 con il quale è stato introdotto l’art. 217 bis L.F.
Le operazioni indicate nel citato articolo legittimano l’imprenditore ad effettuare pagamenti privilegiando determinati creditori senza ledere il principio della par condicio creditorum.
Vediamole nello specifico.
Esenzioni
Come detto, alcune operazioni compiute dal soggetto fallito non integrano il reato di bancarotta.
Le esenzioni non riguardano tutte le ipotesi di bancarotta ma solamente i reati di bancarotta preferenziale (art. 216 comma 3 L.F.) e bancarotta semplice (art. 217 L.F.).
Pertanto, l’esclusione di responsabilità penale non è ipotizzata ad esempio quando si verificano fatti che si concretizzano nel delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale.
Secondo quanto stabilito dall’art. 217 bis L.F., le disposizioni relative al reato di bancarotta fraudolenta o bancarotta semplice non si applicano ai:
- pagamenti e alle operazioni compiute in esecuzione di un concordato preventivo;
- pagamenti e alle operazioni compiute in esecuzione di un accordo di ristrutturazione dei debiti purchè omologato;
- pagamenti e alle operazioni compiute in esecuzione del piano attestato. Nello specifico, rientrano nella citata previsione gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse al debitore sui beni, purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria della stessa;
- pagamenti e alle operazioni compiute in esecuzione di un accordo di composizione della crisi omologato;
- pagamenti e operazioni di finanziamento autorizzati dal giudice a norma dell’art. 182 quinques;
- operazioni di finanziamento effettuate ai sensi dell’art. 22 quater, comma 1 d.l. 91/2014:
- pagamenti ed alle operazioni compiute per le finalità di cui alla medesima disposizione con l’impiego delle somme provenienti da tali finanziamenti.
Secondo dottrina dominante, con il termine pagamenti deve intendersi ogni modalità solutoria di un debito, mentre nell termine operazioni deve rientrarvi qualsiasi atto, negozio giuridico o fatto concretamente finalizzato a realizzare una delle procedure di risoluzione della crisi.
La Corte di Cassazione, con sent. n. 8926/2016 ha affermato che “le condotte distrattive poste in essere dagli amministratori della società in esecuzione di un piano di risanamento, non escludono la configurabilità del reato di bancarotta fraudolenta laddove siano concretamente dirette a privare la società di ogni garanzia per il ceto creditorio.”