Curatore Fallimentare

Il fallimento: la figura del curatore fallimentare


Il curatore fallimentare è, nell’ambito del fallimento, una delle figure più rilevanti ed importanti. Il curatore fallimentare viene nominato nella sentenza dichiarativa di fallimento. In caso di sostituzione o di revoca del precedente curatore, invece, tale figura professionale viene nominata con decreto del Tribunale. La Legge Fallimentare affida al curatore tutta una serie di compiti e di mansioni rilevanti per il buon andamento della procedura stessa. Il curatore fallimentare ha, infatti, il compito di amministrare il patrimonio del fallito e il compito di porre in essere tutta una serie di operazioni e attività tipiche della procedura. Il tutto sotto la vigilanza ed il “controllo” del Comitato dei creditori e del Giudice Delegato.

Le funzioni del curatore dopo la riforma fallimentare

In seguito alla riforma fallimentare, il curatore ha ottenuto numerosi e più ampi poteri nonché una grande autonomia operativa. In particolare, il curatore fallimentare –insieme al comitato dei creditori – può compiere tutte le scelte e le attività più opportune per il buon andamento della procedura. Tale ampio potere “discrezionale” non è più assoggettato – come prima della riforma – alla direzione del Giudice Delegato ma alla sua vigilanza.

Ulteriori compiti sono stati dunque assegnati al curatore fallimentare dalla riforma del 2006, primi tra tutti il potere di esercitare – in maniera provvisoria – l’impresa nonché il potere di predisporre il programma di liquidazione e la formazione del progetto di stato passivo. Tale ultimo potere era conferito – prima della riforma del 2006 – al Giudice Delegato.

Tra i “nuovi” poteri assegnati al curatore dalla Legge di riforma vi è anche quello di rassegnare “motivate conclusioni” sulle domande dei creditori nonché – ex articolo 95 L.F. - il potere di “eccepire i fatti estintivi, modificativi o impeditivi del diritto fatto valere, nonché l'inefficacia del titolo su cui sono fondati il credito o la prelazione, anche se è prescritta la relativa azione”. Sempre il Legislatore della riforma ha poi assegnato al curatore fallimentare l’importante funzione di redigere l’inventario dei beni del fallito nonché di apporre i sigilli sui beni appartenenti all’imprenditore stesso.

Molto più importanti e pregnanti sono poi gli obblighi di relazione e di comunicazione assegnati al curatore dalla legge di riforma. In particolare, ai sensi del riformato art. 31-bis, il curatore fallimentare è tenuto ad effettuare le comunicazioni mediante posta elettronica certificata ai creditori e ai titolari di diritti sui beni del fallito. Il curatore ha altresì l’obbligo di conservare tutta la corrispondenza inviata e ricevuta nel corso della procedura fallimentare: tale obbligo di conservazione dura fino a due anni dalla chiusura del fallimento.

Ancora, sempre dopo la riforma, il curatore fallimentare è chiamato a presentare al Giudice delegato una relazione particolareggiata relativa al circostanze, alle cause del fallimento nonché relative alla responsabilità del fallito o di altri soggetti. La citata relazione deve essere presentata al Giudice delegato entro 60 giorni dalla dichiarazione di fallimento.

Il Legislatore della riforma ha poi previsto un preciso regime di responsabilità del curatore fallimentare. Tale professionista è infatti un pubblico ufficiale e, per questo motivo, è tenuto ad adempiere il proprio compito e le proprie funzioni di ufficio con “la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico”. In questo senso, il curatore fallimentare dovrà tenere un registro che sia stato vidimato in precedenza da un componente del Comitato dei Creditori. Sul citato registro, il curatore fallimentare dovrà annotare, giorno per giorno, tutte le operazione e le attività compiute nell’espletamento del suo incarico.

Fallimento: i requisiti per la nomina a curatore fallimentare

L’articolo 28 L.F. stabilisce che possono svolgere la funzione ci curatore fallimentare i seguenti soggetti: gli avvocati, gli studi professionali associati , i dottori commercialisti, le società tra professionisti (a patto che i soci siano avvocati, commercialisti o ragionieri). Possono essere chiamati a svolgere la funzione di curatore fallimentare anche quei soggetti che abbiano svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in società per azioni, a patto che nei loro confronti non sia stato dichiarato il fallimento.

Al contrario, non possono essere nominati curatore fallimentare il coniuge, i parenti e agli affini entro il quarto grado del fallito, nonché i suoi creditori e tutti coloro che abbiano concorso al dissesto dell'impresa durante i due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento. Infine, non possono essere nominati curatori fallimentari coloro che si trovino in evidente conflitto di interessi con il fallimento.


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