L'azione revocatoria ordinaria è disciplinata dagli artt. 2901 e ss. c.c. e rappresenta una tutela molto forte che il Legislatore assegna ai creditori. Con l’azione revocatoria ordinaria, infatti, i creditori possono – in presenza di determinare condizioni – chiedere la dichiarazione di inefficacia nei loro confronti degli atti di disposizione effettuati dal debitore in pregiudizio delle pretese creditorie. In particolare, stabilisce la citata norma che: “Il creditore, anche se il credito è soggetto a condizione o a termine, può domandare [2652 n. 5] che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni [524, 1113], quando concorrono le seguenti condizioni: 1) che il debitore conoscesse il pregiudizio che l'atto arrecava alle ragioni del creditore o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l'atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento; 2) che, inoltre, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse consapevole del pregiudizio e, nel caso di atto anteriore al sorgere del credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione.”
La ratio dell’azione revocatoria ordinaria e il principio di responsabilità patrimoniale
L’azione revocatoria ordinaria è un vero e proprio mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale dei creditori: essa di prescrive in 5 anni dalla data in cui è stato posto in essere l’atto di disposizione da parte del debitore. La ratio dell’azione revocatoria ordinaria è da ricercarsi nel principio della responsabilità patrimoniale disciplinato dall’articolo 2740 del codice civile che stabilisce: “il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti a futuri”. Se da una parte è vero, infatti, che ognuno è libero di assumere obbligazioni nei confronti di terzi, dall’altra è anche chiamato a rispondere dell’inadempimento nei confronti di altri creditori con il suo intero patrimonio. Da ciò deriva che, nel momento in cui il debitore compie un atto espressamente volto alla dispersione dei propri beni per sottrarli al vincolo di garanzia a favore dei suoi creditori, egli starà pregiudicando gli interessi e i diritti di questi ultimi. Da qui l’azione revocatoria ordinaria come corollario e naturale conseguenza del principio di responsabilità patrimoniale.
Azione revocatoria ordinaria: i presupposti
Come stabilisce l’articolo 2901 del codice civile, l’azione revocatoria ordinaria può essere esperita in presenza di tre presupposti che riassumiamo di seguito:
- il debitore doveva essere a conoscenza del “pregiudizio che l'atto arrecava alle ragioni del creditore” (scientia fraudis);
- se l’atto è, invece, anteriore al sorgere del credito, il debitore doveva essere a conoscenza del fatto che esso “fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento” (cd. consilium fraudis);
- è inoltre necessario che tale atto di disposizione determini un reale e concreto pregiudizio per il creditore che, proprio in conseguenza di tale atto, sia impossibilitato a soddisfarsi sul patrimonio del debitore (cd. eventus damni).
Azione revocatoria ordinaria: gli effetti
Stabilisce l’articolo 2902 del codice civile: “Il creditore, ottenuta la dichiarazione di inefficacia, può promuovere nei confronti dei terzi acquirenti le azioni esecutive o conservative sui beni che formano oggetto dell'atto impugnato. Il terzo contraente, che abbia verso il debitore ragioni di credito dipendenti dall'esercizio dell'azione revocatoria, non può concorrere sul ricavato dei beni che sono stati oggetto dell'atto dichiarato inefficace, se non dopo che il creditore è stato soddisfatto”. Dal momento che il creditore chiede ed ottiene la dichiarazione di inefficacia degli atti di disposizione compiuti dal debitore, potrà promuovere autonomamente tutte le azioni conservative oppure esecutive sui beni che formano oggetto dell’atto impugnato. Tali azioni potranno essere utilmente proposte nei confronti dei terzi acquirenti. Al riguardo, è bene sottolineare che la pronuncia con cui il Giudice revoca, ad esempio, l’acquisto del bene da parte del terzo non causa il “ritorno” e la “retrocessione” del bene stesso nel patrimonio del debitore. Tale pronuncia determina, infatti, solo l’inefficacia dell’atto impugnato dal creditore. Ciò significa che il bene rimarrà nel patrimonio del terzo e non potrà essere utilizzato da tutti gli altri creditori del debitore: tale bene costituirà cespite sul quale solo il creditore revocante potrà ottenere il soddisfacimento del proprio credito. E’ bene specificare altresì che, come asserito dalla Corte di Cassazione Civile con sentenza n. 5455/2003, se l’azione revocatoria ordinaria sia stata “esperita vittoriosamente, non travolge l'atto di disposizione posto in essere dal debitore, ma semplicemente determina l'inefficacia di esso nei soli confronti del creditore che l'abbia esperita per consentire allo stesso di esercitare sul bene oggetto dell'atto l'azione esecutiva per la realizzazione del credito”. Ciò in ottemperanza della funzione conservativa e cautelare del diritto di credito svolta dall’azione revocatoria ordinaria.