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Evitare il fallimento di un'impresa è possibile


Evitare il fallimento di un’impresa? È sempre possibile, a patto che vi siano le persone giuste per poter traghettare l’azienda al di fuori della crisi. È quanto ricordava pochi giorni fa sulle pagine de Il Fatto Quotidiano Mauro Milano, partner di Yourcfo, la prima società italiana di Cfo Service, che svela alcune intuizioni utili per poter comprendere i segnali primordiali della crisi di un’azienda. A proposito, quali sono? E come è possibile evitare il fallimento?

Lo Stato è la prima vittima?

Come ricordava l’esperto in un’intervista rilasciata al quotidiano, “con la crisi che continua a mordere, con i conti bancari in rosso, con le banche che non ti danno più credito, i clienti che pagano quando possono e i fornitori strategici che ti bloccano le forniture se non paghi… ecco che molti imprenditori virtuosi decidono di farsi finanziare dallo Stato”.

In tal senso, lo Stato diventa pertanto la prima “vittima” della crisi di impresa. E, peraltro, “approfittarsi” dello Stato è abbastanza semplice, visto e considerato che è sufficiente evitare di effettuare versamenti di imposte, tasse, ritenute e contributi”. Il tutto, peraltro, nell’illusione che si tratti di una buona mossa quando – in realtà – è un’iniziativa doppiamente nociva.

Intervenire in anticipo è la soluzione migliore

Al di là di quanto sopra, quel che occorre fare per poter evitare il fallimento è cercare di intervenire prontamente e tempestivamente, evitando invece di agire solo quando la crisi aziendale è talmente profonda da divenire incurabile, per lo meno con gli strumenti che l’imprenditore può avere a disposizione.

In tal senso, l’esperto ci ricorda che una figura che solo raramente viene considerata nelle medie aziende (ma che fortunatamente è ben presente in quelle di dimensioni più grandi) è il Cfo, il chief financial officer, ovvero il direttore finanziario che, tuttavia, svolge anche ruoli di amministrazione e di controllo, più o meno vasti.

E per quelle medie imprese che non si possono permettere la disponibilità di un Cfo a tempo pieno? Anche per costoro la soluzione è a portata di mano: mutuando gli esempi internazionali, è pur sempre possibile ricorrere a Cfo temporanei, consulenti che non vengono assunti internamente dall’azienda ma agiscono da esterni liberi professionisti, e che possono dunque supportare l’impresa in una migliore gestione complessiva con un impatto relativamente basso sul fronte degli oneri.

Tuttavia, per poter permettere ai Cfo di entrare in azienda, spesso l’ostacolo maggiore non è certo legato all’onere da corrispondere, bensì alla barriera culturale che impedisce di vedere il Cfo qualche proficuo collaboratore / consulente, e non come concorrente di chi è già presente all’interno dell’azienda o di altri consulenti (commercialista, contabile, ecc.) che potrebbero vedere nel Cfo un “pericolo”.

Dunque, la soluzione è una migliore sensibilità sul tema? Forse si, o forse no. In ogni caso, val la pena rammentare la solita, vecchia regola valida anche per la gestione dello scenario anti-crisi: prevenire è sempre meglio di curare, e un buon Cfo può tramutarsi in un ottimo strumento di prevenzione delle principali difficoltà aziendali, e soprattutto quando i segnali di crisi sono ancora agli esordi.


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