Concordato Fallimentare

Chiusura del fallimento con il concordato fallimentare


Il concordato fallimentare

Il concordato fallimentare indica una possibile causa di chiusura del fallimento
Attiene alla fase negoziale del fallimento potendo essere proposto durante il corso della procedura fallimentare e deve essere distinto dal concordato preventivo poiché quest’ultimo è una procedura concorsuale a sé stante. 
Vediamo nel dettaglio la disciplina applicabile al seguente istituto e le maggiori differenze rispetto al concordato preventivo. 
 
 

Concordato fallimentare e concordato preventivo: due procedure diverse

Prima di procedere alla disamina della normativa applicabile al “concordato fallimentare” è necessario mettere a confronto il suddetto concordato con la procedura di concordato preventivo, al fine di comprenderne meglio le differenze.
Questi due istituti, infatti, la cui denominazione potrebbe confondere a molti le idee, attengono a due momenti procedurali nettamente diversi: principale differenza è che il concordato fallimentare è utilizzato al fine di chiudere il fallimento, mentre il concordato preventivo mira ad evitarlo e può essere instaurato solo fino a quando non sia dichiarato il fallimento.   
Il concordato fallimentare, diversamente dal preventivo, si prefigge di sostituire alla liquidazione fallimentare e alla ripartizione dell’attivo, un soddisfacimento concordato dei creditori più celere e quindi più conveniente.

 

La proposta ex art 124 L.F. 

Ciò detto, analizziamo nello specifico il concordato fallimentare. 
La proposta di concordato fallimentare può essere presentata sia da uno o più creditori o anche da un terzo fino al decreto che rende esecutivo lo stato passivo
I soggetti appena citati possono, quindi, presentare la proposta anche prima del citato decreto purché: 
  • sia stata tenuta la contabilità ed i dati risultanti da essa
  • le altre notizie disponibili consentano al curatore di predisporre un elenco provvisorio dei creditori del fallito da sottoporre all’approvazione del giudice delegato.
La proposta di concordato fallimentare può essere presentata anche dal fallito, da società cui egli partecipi o da società sottoposte a comune controllo, ma tale possibilità deve soggiacere ad alcune condizioni.
L’art. 124 L.F., infatti, stabilisce espressamente che il fallito non può presentare la proposta, se non dopo il decorso di un anno dalla dichiarazione di fallimento e purché non siano decorsi due anni dal decreto che rende esecutivo lo stato passivo. 
 

Contenuto della proposta 

L’art. 124 L.F. indica una sorte di contenuto non tassativo che la proposta può avere.
Nello specifico, la proposta può prevedere:
  • la suddivisione dei creditori in classi, secondo posizione giuridica ed interessi economici omogenei; 
  • trattamenti differenziati fra creditori appartenenti a classi diverse, indicando le ragioni dei trattamenti differenziati dei medesimi;
  • la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l’attribuzione ai creditori, nonché a società da queste partecipate, di azioni, quote ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni 
La proposta può prevedere che i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, non vengano soddisfatti integralmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale. 
In ogni caso, il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l’effetto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione. 
La proposta di concordato si propone con ricorso al Giudice delegato. 
Quest’ultimo deve richiedere un parere al curatore con specifico riferimento ai presumibili risultati della liquidazione ed alle garanzie offerte ed ottenere parere favorevole dal comitato dei creditori. 
La proposta, quindi, verrà comunicata ai creditori con espressa indicazione che la mancata risposta sarà considerata quale voto favorevole.

 

Votazione del concordato

Relativamente al diritto di voto dei creditori è possibile distinguere differenti ipotesi a seconda che la proposta sia stata presentata prima o dopo l’esecutività dello stato passivo ed a seconda che i creditori siano muniti di privilegio o chirografari.
Specificatamente:  
  1. nel caso in cui la proposta sia presentata prima che lo stato passivo venga reso esecutivo: hanno diritto di voto i creditori che risultano dall’elenco provvisorio predisposto dal curatore e approvato dal Giudice delegato
  2. in caso contrario, i creditori che hanno diritto di voto sono quelli indicati nello stato passivo reso esecutivo, compresi quelli ammessi provvisoriamente e con riserva
  3. i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, sebbene la garanzia sia contestata, dei quali la proposta di concordato prevede l’integrale pagamento, non hanno diritto di voto se non rinunciano al diritto di prelazione
La legge non attribuisce diritto di voto al coniuge del debitore, i suoi parenti ed affini fino al quarto grado e coloro che sono divenuti cessionari o aggiudicatari dei crediti di dette persone da meno di un anno prima della dichiarazione di fallimento. 
Il concordato si considera approvato se vi sono voti favorevoli relativi alla maggioranza dei crediti ammessi al voto
Nel caso in cui la proposta venga approvata, il Giudice dispone che sia data immediata comunicazione al proponente affinchè richieda l’omologazione del concordato e ai creditori dissenzienti.
E’ previsto un termine per la proposizione di eventuali opposizioni. Nel caso in cui non siano proposte opposizioni: il tribunale verificata la regolarità della procedura e l’esito della votazione, omologa il concordato con decreto motivato non soggetto a gravame. 
 
 
 
 

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