Vismara, asset del gruppo Ferrarini, azienda emiliana leader nell'agroalimentare, guarda oltre a crisi *e *Coronavirus. E lo fa ipotizzando un futuro di stabilità costruito solo con le proprie forze. Dopo la defezione del gruppo Amadori, interessato in un primo momento all'acquisto, l'impresa, che già aveva fatto richiesta di accedere al concordato in continuità aziendale, si è guardata attorno nella speranza di individuare partner interessati ad entrare nel capitale sociale e quindi a traghettarla fuori dalle secche della crisi. Ma di acquirenti non se ne sono visti, tranne alcuni soggetti che - denuncia l'attuale proprietà - si muovevano nell'ombra confidando, vista anche l'attuale situazione legata al Coronavirus, su di un peggioramento della situazione di Vismara al fine poi di entrare con minore impegno economico e senza vincoli connessi ai livelli occupazionali e all’insediamento dell’impresa”. Da qui la decisione del presidente Lucio Ferrarini: preparare un nuovo piano concordatario che non preveda partner esterni. In pratica Vismara punta a risalire solo grazie alle sue forze. La nuova proposta di concordato preventivo che Vismara depositerà in Tribunale a Reggio Emilia entro i primi giorni di aprile, anticipa Reggio Sera pubblicando stralci della relazione periodica inviata dalla proprietà al giudice delegato, prevede che l’azienda del gruppo Ferrarini stia in piedi da sola, senza l’apporto di capitali esterni. Dopo la defezione del gruppo Amadori, spiega il presidente di Vismara, “le attività volte all’individuazione di possibili partner industriali o finanziari non hanno portato al momento a manifestazioni di interesse concreto e circostanziato da parte di terzi”. Nel frattempo le performance economiche di Vismara sono già in lento ma costante miglioramento. Da alcuni mesi i numeri sono tornati in attivo e a gennaio i ricavi hanno superato i 4 milioni di euro. Tanto che l’azienda non ha chiesto la proroga della cassa integrazione straordinaria, scaduta il 2 febbraio. Tuttavia, l’assenza di potenziali acquirenti rischia di rendere la proposta di concordato ancora più amara per i creditori. La prima versione prevedeva, a fronte di 105 milioni di passivo, il rimborso di 35 milioni di debiti, di cui 25 derivanti dall’aumento di capitale di Amadori.