Denis Verdini è stato rinviato a giudizio per la vicenda legata alla gestione del Credito cooperativo fiorentino (Ccf) del quale il coordinatore di Forza Italia è stato presidente fino al 2010. È la decisione del giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Firenze Fabio Frangini. Tra gli altri imputati rinviati a giudizio anche il parlamentare di Forza Italia Massimo Parisi. La prima udienza è stata fissata per il 21 aprile 2015.
I capi d’accusa
Verdini sarà sentito per l’accusa di truffa ai danni dello Stato per i fondi per l’editoria, che secondo la Procura di Firenze, avrebbe percepito illegittimamente per la pubblicazione di “Il Giornale della Toscana”. Sempre per il reato di truffa allo Stato per la vicenda dei fondi per l’editoria è stato rinviato a giudizio anche il deputato di Forza Italia Massimo Parisi, coordinatore del partito in Toscana. Stralciata la posizione di Marcello Dell’Utri, attualmente in carcere a Parma per scontare la condanna definitiva per concorso esterno. La nuova udienza è stata fissata per il 18 settembre 2014. In totale sono state rinviate a giudizio 47 persone tra le 69 che erano state iscritte nel registro degli indagati (e tra questi tutti componenti del Cda del Ccf e i sindaci revisori della banca). Ventuno i prosciolti o le assoluzioni con rito abbreviato per posizioni considerate ”minori”. Fra le persone prosciolte anche la moglie di Verdini, Simonetta Fossombroni, e il fratello dell’esponente di Forza Italia Ettore.
Secondo le indagini preliminari, chiuse nell’ottobre 2011, finanziamenti e crediti milionari sarebbero stati concessi senza “garanzie”, sulla base di contratti preliminari di compravendite ritenute fittizie. Soldi che, per la Procura di Firenze venivano dati a “persone ritenute vicine” a Verdini stesso sulla base di “documentazione carente e in assenza di adeguata istruttoria”. In totale, stando alla magistratura il volume d’affari, ricostruito dai carabinieri dei Ros di Firenze, sarebbe stato pari a “un importo di circa 100 milioni di euro” di finanziamenti deliberati dal Cda del Credito i cui membri, secondo la notifica della chiusura indagini “partecipavano all’associazione svolgendo il loro ruolo di consiglieri quali meri esecutori delle determinazioni del Verdini”. In sintesi secondo l’accusa, Verdini decideva a chi dare, e quanto, mentre gli altri si limitavano a ratificare “senza sollevare alcuna obiezione”.
Come sono partite le indagini
L’indagine è partita con la relazione dei commissari di Bankitalia che in 1.500 pagine, allegati compresi, avevano riassunto lo stato di salute della banca di Verdini. E le anomalie riscontrate. Dell’Utri in particolare sarebbe riuscito a ottenere, nonostante una situazione di “sofferenza” bancaria, un affidamento nella forma dello scoperto bancario di 250mila euro, diventati in appena 7 mesi ben 2.800.000, per poi lievitare a 3.200.000. Questo, per l’accusa, era avvenuto senza alcina garanzia. “Vicinanza a Verdini, Parisi e alle altre persone rinviate a giudizio. Tutti, amici e avversari, ricordino sempre garantismo e presunzione di innocenza” ha scritto su Twitter Daniele Capezzone, presidente della Commissione Finanze della Camera.