Asta Giudiziaria

Vendita del demanio pubblico, decreto Terrevive


Renzi ha individuato le seguenti Regioni: Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Basilicata, Puglia e sicilia.

Il vincolo d'uso non supera i 20 anni e la base d'asta non va oltre i 100 mila euro

L’80 per cento del patrimonio agricolo finora sottoposto a censimento, tra i beni del Demanio e degli enti pubblici, è ora stato messo in vendita all’asta al migliore offerente, con una base superiore ai 100mila euro. E con un vincolo d’uso di soli venti anni.
Nel frattempo il Governo sta andando avanti nella sua opera di dismissione del patrimonio agricolo pubblico, ma nonostante ciò sono tante le Regioni e i Comuni a produrre bandi per l’affitto e ed operazioni di sostegno per lo sviluppo delle terre pubbliche in favore dei giovani agricoltori senza terra (alcune, come il Lazio, lo dicono, ma non lo attuano ancora). Sono in molti a chiedere l'intervento di qualcuno dall'alto che sappia ascoltare i movimenti provenienti dal basso, dei piccoli governi locali.
Sono in molti a chiedere ll’amministrazione locale di far sentire anche a livello nazionale la propria voce e le decisioni prese. Le terre agricole non dovrebbero mai vendersi, sono un bene rifugio fondamentale.

Sono molte le cooperative e associazioni che di questi tempo, a Roma e nel Lazio, rivendicano la tutela dell'ambiente, il diritto al lavoro qualificato e la fruibilità degli spazi verdi e delle aree agricole, tutte però sono dirette a condannare, seppur in modo differente, la scelta di dismettere il patrimonio pubblico.  Il ministro delle politiche agricole Maurizio Martina, assieme al ministro di Economia e Finanze Padoan, ha preferito seguire la strada dei suoi predecessori, che a più riprese hanno proclamato le imminenti vendite del patrimonio agricolo pubblico.

Sono necessari degli atti di buon senso

Bisogna cercare di investire sulla responsabilità delle future generazioni, andando a fermare la vendita delle terre e cercando di non rendere oggetto di strumentalizzazione le battaglie dei giovani agricoltori senza terra. Il decreto “Terrevive” non agevola i nuovi agricoltori, come invece sottolineato al suo lancio da Martina e Roberto Reggi, direttore dell’Agenzia del Demanio, proprio al salone del gusto di Torino organizzato da Slow Food: perfino il diritto di prelazione per i giovani è solo a parità di prezzo offerto. Ma quanti possono essere i soggetti in grado di partecipare ad un'asta pubblica che dispongono di un simile patrimonio? Ci finirà solo lo speculatore di turno o peggio la mafia. 

Il decreto Terrevive

Cerchiamo di carpire il contenuto del testo che dovrebbe parlare di agricoltura. In realtà, al suo interno sono favorite pratiche che distruggerebbero senza responsabilità beni irriproducibili. I termini utilizzati e i principi sui quali si basa il Decreto del 20.05.2014 lasciano spazio a diversi dubbi. Si parla di dismissione di terreni agricoli e di terreni “a vocazione agricola”. Potrebbero essere messi all'asta, dunque,anche terreni che hanno vocazione agricola, ma diversa destinazione urbanistica. Il vincolo di destinazione previsto dal Decreto non fornisce garanzie contro eventuali speculazioni in quanto, se prevede che per  vent’anni non possa essere attribuita una destinazione diversa da quella agricola, non implica che la destinazione debba a prescindere essere agricola.
Inoltre il valore che è alla base d’asta è stato calcolato, sempre secondo quanto previsto dal Decreto, sulla base dei Valori Agricoli Medi (Vam) tabellari, ma non viene specificato se questi sono stati applicati alle coltivazioni realmente in atto o alla qualità catastale; ciò potrebbe portare ad effetti fortemente sperequativi nelle stime.
Gli introiti che deriveranno da queste prime dismissioni non arriveranno neanche a tre milioni di euro: una somma che serve a ben poco nel bilancio di uno stato.
Infine, come emerge da una interrogazione parlamentare a firma della senatrice De Petris, si introduce in Terrevive un criterio ulteriore giustificato da “prioritarie esigenze di finanza pubblica”, in aggiunta a quanto già previsto per legge dal 2012, nella normativa approvata dal parlamento: i terreni individuati negli elenchi allegati al presente decreto sono oggi sicuramente diretti all’alienazione, non essendovi più la necessità di elaborare alcun elenco di terreni che saranno riservati e offerti in via del tutto esclusiva in affitto ai giovani imprenditori agricoli. A tal fine resteranno quindi solo i lotti rimasti ancora invenduti.
Il ministro Martina sta offrendo un valido servizio per la speculazione sulle terre pubbliche. La disoccupazione, gli squilibri socio-economici e le proteste dei giovani agricoltori sembrano essere coperti da una nebbia, agli occhi del Governo.


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