Crisi Aziendali

Uscirne più forti non è facile


Ci sono nomi importanti del panorama economico nazionale, da ERG ad Autogrill, da Ferretti a Piazza Italia, solo per citarne alcuni. Sono alcuni degli esempi (pochi a dire il vero) di imprese che sono riuscite a riemergere da una fase di crisi uscendone peraltro rafforzate. In gergo tecnico-economico, questi protagonisti di una 'risurrezione' competitiva vengono definiti “comeback kids”, ossia aziende superano una fase di difficoltà completando con successo un turnaround. In Italia, secondo una recente analisi firmata da Boston Consulting Group, tra il 2010 e il 2017 le società che hanno registrato un calo dell’Ebitda per due anni consecutivi, salvo poi tornare a una forte crescita della marginalità, sono state 32.

La ricerca di BCG ha analizzato le performance finanziarie di 200 imprese di vari settori con oltre 500 milioni di euro di fatturato (escluse banche, assicurazioni e società energetiche), da cui ha selezionato quelle con un calo della marginalità per due anni consecutivi: ne è venuto fuori che tra le aziende che hanno mostrato difficoltà, circa un terzo è stato in grado di completare il proprio turnaround con un miglioramento delle performance ragguardevole. Tali aziende hanno registrato un aumento dell’Ebitda di almeno il 28%, rispetto al +6% medio del campione analizzato, e anche il rendimento medio annuo totale degli azionisti (parametro che include sia i guadagni che i dividendi) è stato del 7%, rispetto al -3% fatto registrare dalle aziende che hanno perso la finestra utile per il turnaround.

La ricerca evidenzia inoltre come le misure preventive di cambiamento, avviate prima dello stato di crisi palese, producono un valore a lungo termine ben più alto di quelle reattive. Ma non sempre si è attrezzati per cogliere i segnali preventivi di crisi. Soprattutto in Italia. Nel nostro Paese, infatti, solamente un terzo delle imprese italiane in difficoltà riesce ad agire in tempo, mentre in Europa i concorrenti sono decisamente più reattivi. La tipica media azienda italiana, spesso a gestione familiare, non ha infatti gli strumenti o l’attitudine ad intercettare ed intepretare velocemente le avvisaglie della crisi, non investe sufficientemente in strumenti di monitoraggio, pur avendo buone capacità di reazione se stimolata.

Secondo l'indagine, le aziende che producono beni industriali o che operano nella distribuzione/vendita al dettaglio hanno più probabilità della media di avere successo in un turnaround; quelle della sanità e dei beni di consumo meno. Le società quotate hanno una capacità significativamente migliore di realizzare un turnaround rispetto alle non quotate: una possibile spiegazione è che gli azionisti esterni sono in grado di esercitare pressioni sui team di gestione per le modifiche necessarie. Ma quali sono i correttivi cui hanno maggiormente fatto ricorso i cosiddetti “Comeback Kids” italiani? Secondo BCG chi ce l'ha fatta ed è uscito brillantemente dalle sacche della crisi ha fatto leva su quattro fattori: l'adeguamento del portafoglio, in genere per vendere attività non redditizie o asset non strategici e rifocalizzarsi su prodotti, mercati e attività principali; la ristrutturazione del modello operativo al fine di generare guadagni sostenibili in termini di efficienza e riduzione dei costi; l'espansione verso nuovi mercati geografici e nuovi segmenti di prodotto e, da ultimo, l’innovazione e la digitalizzazione dei processi interni. Quattro leve fondamentali, certo, ma resta il fatto che per far sì che esse diano poi risultati, è indispensabile avvistare per tempo le difficoltà all'orizzonte.


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