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Società, IVA da rimborsare entro due anni


Una recente pronuncia della Corte di Cassazione (l'ordinanza è la 27221, depositata il 28 dicembre 2016) afferma che l'imposta sul valore aggiunto che la società dovesse erroneamente versare, deve essere richiesta all'Agenzia delle Entrate entro non oltre due anni dalla data di versamento, trattandosi di un c.d. "rimborso anomalo" e, dunque, in grado di seguire le regole più generali per la restituzione dei tributi.

La vicenda all'attenzione della Corte

In tal proposito, rammentiamo come la vicenda sia giunta sulle scrivanie della Corte di Cassazione quando la società contribuente, presentando la richiesta di rimborso di Iva erroneamente versata su operazioni di import, si vedeva respingere la domanda da parte dell'ufficio del Fisco, che riteneva tardiva l'istanza rispetto al termine di due anni che è previsto per legge.

Il provvedimento veniva così impugnato dalla società dinanzi al giudice tributario, che in grado di appello ha però confermato la legittimità di quanto stabilito in primo grado, rilevando che l'Iva pagata per sbaglio nel 2005, sarebbe potuta essere detratta nel 2006, con dichiarazione da presentarsi entro il 31 ottobre 2007, con conseguente domanda di rimborso entro e non oltre il 31 ottobre 2009.

Per la società, invece, il giudice tributario avrebbe confuso i termini di presentazione della dichiarazione con quelli che sono previsti per la detrazione dell'imposta.

La decisione della Suprema Corte

La Cassazione ha tuttavia ricordato che secondo un orientamento oramai consolidato, ai fini Iva il termine entro il quale deve essere avanzata la richiesta decorre dalla data di versamento del tributo, e a nulla rileva così il termine previsto per il diritto alla detrazione. La Corte ha infatti precisato che la detrazione e il rimborso di imposta sono manifestazioni alternative dello stesso diritto e non sono subordinate gli stessi presupposti.

In aggiunta a ciò, e con specifico riferimento alla presentazione di una dichiarazione correttiva di un errore, i giudici di legittimità hanno ricordato come la sentenza n. 13378/2016 delle Sezioni Unite abbia affermato che il contribuente ha sempre la possibilità di correggere errori in proprio sfavore, contenuti in una dichiarazione presentata, ma la correzione deve avvenire entro i termini previsti dalla legge.

In tal caso, trattandosi di un c.d. "rimborso anomalo", atteso che riguardava un'imposta erroneamente versata per la quale non vi sono specifiche regole per la sua restituzione, le norme applicabili sono possono che essere quelle generali, con un generico termine biennale di decadenza che decorre dalla data di pagamento.

In seguito alla decisione degli ermellini viene così rimarcata la necessità che entro due anni il contribuente si attivi per poter dare evidenza del proprio diritto: la maggior parte delle pronunce di legittimità riguarda la diversa fattispecie del termine di prescrizione, che è invece previsto in dieci anni. Ne deriva che solamente quando il contribuente ha esternato il proprio diritto di detrazione o di rimborso dell'Iva, può decorrere il termine di dieci anni che è previsto per la prescrizione ordinaria.


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