C’è stata una vera e propria catena umana per bloccare i varchi di controllo al Terminal 3 di Fiumicino. La protesta è venuta dai lavoratori di Groundcare, società di handling che all’aeroporto della Capitale si occupa della consegna bagagli e altri servizi di terra per le compagnie aeree.
Più di 800 facchini rischiano di perdere il posto per il fallimento dell’azienda. Tra loro circa 400 sono in cassa integrazione da quattro anni, e per gli altri si è aperta una nuova fase di mobilità: sono ex dipendenti della spagnola Flightcare, successivamente sballottati alla Globeground e poi nella Ground, che però ha già aperto il concordato preventivo, e dunque una procedura di fallimento.
La mobilitazione è partita alle 12 del 23 aprile dopo un’assemblea e un tentativo di incontrare il direttore del Leonardo Da Vinci, Vitaliano Turrà. Lo scorso gennaio la Cub Trasporti aveva dato inizio ad uno sciopero per denunciare il rischio licenziamenti dei lavoratori e chiedere un intervento urgente delle autorità competenti per sbloccare la vertenza e salvare gli 800 posti di lavoro.
La protesta aveva coinvolto circa 100 addetti e si era conclusa con un colloquio tra manifestanti e polizia. Successivamente al blocco, i lavoratori hanno incontrato il direttore: sul tavolo della vertenza ci sarebbe anche l’interesse della handler Gh di Napoli che potrebbe acquisire la Ground. Tutto ciò porterebbe, però, a forti tagli occupazionali.
Con una liberalizzazione selvaggia, smisurata proliferazione degli handlers (6 a Fiumicino, unico caso in Europa), l’abbattere le tariffe di handling, recuperando dei costi tramite precarietà, cassa integrazione, riduzione dei livelli occupazionali e abbassamento degli standard di qualità del servizio e della sicurezza: da tempo la Cub denuncia la grave situazione di instabilità che coinvolge le società di handling degli scali romani e chiede l’intervento degli enti controllori del settore, ovvero Adr ed Enac.
Susi Ciolella, dell’esecutivo provinciale confederale Usb ha spiegato quanto segue: “È in stallo la trattativa con i possibili acquirenti, nonostante un pesante taglio strutturale al costo del lavoro previsto dall’accordo firmato da Cgil, Cisl, Uil, Ugl, sulla cui efficacia abbiamo già espresso forti riserve. Il prossimo 29 aprile scadono infatti i termini per la proposta definitiva del concordato preventivo, con cui l’azienda sta cercando mediare con i creditori per evitare il fallimento.
Se così fosse, e per le modalità poco chiare con cui si è portata avanti l’intera operazione, si prefigurerebbe l’ipotesi di un fallimento annunciato. In gioco c’è il futuro di 850 famiglie in un settore già pesantemente interessato da cassa integrazione e mobilità”.
Il sindacato si è mosso andando ad inviare una lettera al tribunale fallimentare di Civitavecchia con la precisa richiesta formale che la vertenza sia assunta dal Commissario in prima persona, per poter garantire in modo effettivo la continuità aziendale.