Un caso particolare e la procedura
Nel caso in cui nel corso della procedura si accerta che la sua prosecuzione non permette di poter soddisfare, neanche in parte, i creditori concorsuali, né i crediti prededucibili e le spese di procedura, l’ipotesi va distinta da quella presente nell'art. 102 l.f. relativa alla previsione di insufficiente realizzo. In questo caso non è opportuno procedere all’accertamento del passivo, perché l'attivo non è sufficiente a soddisfare i creditori concorsuali, ma può essere sufficiente solo a soddisfare i crediti prededucibili e le spese della procedura; in quest’ultimo caso, invece, l'attivo fallimentare non può soddisfare, nemmeno in parte, nessun credito, sia esso di natura concorsuale oppure prededucibile e si giunge alla chiusura del fallimento.
L’istanza deve essere presentata dal curatore o dal debitore, oppure ad iniziativa d’ufficio del medesimo tribunale con cui si chiede la chiusura del fallimento. Il tribunale, una volta verificate le condizioni ex art. 118 e sentito il comitato dei creditori e il fallito, solo nel caso in cui non sia conveniente altrimenti, continua la procedura dichiarando il fallimento con decreto motivato. Entro 10 giorni dalla comunicazione o notificazione del decreto, si può proporre reclamo alla corte di appello nelle forme previste dall’art 26 l.f. Una volta emesso il decreto della corte d’appello, entro 30 giorni (termine perentorio) dalla notificazione o comunicazione del provvedimento per il curatore, per il fallito, per il comitato dei creditori e per chi ha proposto reclamo o è intervenuto nel procedimento, o dal compimento della pubblicità di cui all’art. 17 l.f. per ogni altro interessato, è possibile proporre ricorso in cassazione contro il decreto della corte di appello.