Bancarotta

Operazione Persefone a Vibo Valentia, per bancarotta fraudolenta Proserpina


Il Nucleo di Polizia Tributaria di Vibo Valentia, nel corso dell’operazione Persefone, ha dato il via ad un decreto di sequestro preventivo, emesso dal Gip su richiesta della Procura della Repubblica, per concorso in bancarotta fraudolenta preferenziale e documentale che sarebbe stata commessa con la gestione di una società a capitale misto, la Proserpina, la quale opera nel settore della raccolta differenziata, avente sede a Vibo Valentia.

Il totale dei beni sequestrati sarebbe pari a 1,5 milioni di euro.

Assieme a questa operazione è stato disposto l’avviso di conclusione delle indagini preliminari verso 13 soggetti che hanno incarichi societari per la medesima Spa. Il provvedimento è stato emesso a conclusione delle indagini che sono state coordinate dalla procura, portate avanti dalle Fiamme Gialle e supportate dalla consulenza tecnica del Pm titolare.

Tali accertamenti sono scattati dopo un’attività investigativa relativamente alla bancarotta fraudolenta di una Spa a capitale misto, a seguito del fallimento e le indagini sono state dirette sull’assegnazione di 10 automezzi nuovi alla società da parte dell’Ufficio del Commissario Delegato all’Emergenza Ambiente in Calabria; e sulla “falsa appostazione in bilancio”delle voci relative all’assegnazione degli stessi automezzi e dei crediti vantati dalla società nei confronti dell’ufficio del commissario delegato e riferiti all’incentivo per favorire la raccolta differenziata.

Gli organi societari della Spa con la loro condotta omissiva, avrebbero portata alla mancata annotazione della clausola del riservato dominio, relativa a certificati di proprietà degli automezzi a favore del commissario delegato, andando a far si che poco prima della dichiarazione di fallimento, si destinassero fraudolentemente al socio privato di maggioranza, a sua volta, titolare di una ditta individuale, socia di un’ulteriore società che operava nel settore della raccolta rifiuti e di proprietà del coniuge.

Ci sarebbe, poi, un patrimonio netto positivo che avrebbe permesso di evitare l’adozione dei provvedimenti di ricapitalizzazione o di liquidazione della società che, al contrario, avrebbe proseguito la propria attività, determinando il dissesto societario con un passivo fallimentare di 9,7 milioni di euro.


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