La Corte di Cassazione ha recentemente avuto l'opportunità di esprimersi su una complessa vicenda che ha permesso di esprimere un parere sulla corretta interpretazione della notifica telematica.
Il caso
Il caso inizia con l'avvio di una procedura fallimentare che viene intentata nei confronti di una società: al termine di tale iter, nel marzo del 2014 la società viene dichiara fallita. Di qui, l'avvio del ricorso in appello, e l'ottenimento della revoca del fallimento. Per il giudice di secondo grado, infatti, il procedimento prefallimentare era da considerarsi nullo a causa di un vizio procedurale: il procedimento si sarebbe svolto senza l'effettiva costituzione in giudizio della società debitrice. In maniera più formale, la società aveva avanzato la contestazione dell'art. 15 l.f., secondo cui è necessario provare l'avvenuta notifica nei confronti del ricevente: nella fattispecie oggetto d'esame, la notifica era considerata assente nonostante due tentativi (il primo mediante posta elettronica certificata, senza avere ricevuta telematica dell'avvenuta consegna, il secondo per posta ordinaria, ma a un vecchio indirizzo aziendale, non più utile).
Le decisioni della Cassazione
Come prevedibile, la vicenda finisce poi sulle scrivanie della Suprema Corte in virtù dell'opposizione della curatela fallimentare, che ottiene una giusta soddisfazione. La Cassazione ricorda infatti come, affinchè la notifica possa ritenersi perfezionata, le norme in vigore nel nostro ordinamento dispongano che, dal lato del mittente, il gestore della posta elettronica certificata utilizzato per la missiva debba fornire la ricevuta di accettazione. Nella ricevuta di accettazione, come noto, sono contenuti i dati di certificazione che costituiscono prova dell'avvenuta spedizione di un messaggio di posta elettronica certificata. Le norme in vigore prevedono altresì che la ricevuta di avvenuta consegna del messaggio di posta elettronica certificata debba essere messa a disposizione contestualmente alla consegna stessa, e indipendentemente dalla lettura del messaggio da parte del destinatario.
Nella fattispecie all'esame della Cassazione, però, il cancelliere ha segnalato la "non certezza" della notifica telematica, con la conseguenza che i procuratori delle parti, al fine di provvedere a una "valida" notifica, hanno scelto di ricorrere al meccanismo della posta ordinaria, quale sostituto. Per la Cassazione, il comportamento del cancelliere, che ha espresso un'opinione sulla non certezza della notifica ancora prima di ricevere l'avvenuta consegna, non avrebbe dovuto essere in grado di influenzare il processo formale, visto e considerato che i sistemi di gestione della posta elettronica certificata agiscono per protocolli standard che, certamente, non sono in grado di essere valutati e interpretati in maniera soggettiva.
Dunque, precisano i giudici della Suprema Corte, se da una parte la ricevuta di avvenuta consegna del messaggio inviato al destinatario rappresenta un'indicazione prudenziale, dall'altra parte non sembra essere in grado di rappresentare un "limite" all'esame che viene riservato in via esclusiva al giudice, della correttezza del principio del rispetto del contraddittorio, che sarà poi avviato e gestito attraverso il ricorso alle modalità tipiche della notifica, senza che vi siano margini per prassi di natura sperimentale, integrativa o suppletiva.