Pignoramenti

Negozianti pignorano 230 mila euro a Banca di Credito Sardo


Il pignoramento di 230 mila euro

Dopo otto ore di trattative non andate a buon fine, le casse della Banca di credito sardo di viale Bonaria, a Cagliari, sono state pignorate alla presenza dell’avvocato Vittorio Delogu – che difende due commercianti nuoresi – e dell’ufficiale giudiziario. 230 mila euro in contanti ora si trovano custoditi in una cassetta di sicurezza. Saranno, poi, “trasferiti” in tribunale e il giudice deciderà la nuova destinazione.

La lotta dei due coniugi contro l’usura che li ha portati a subire un pignoramento

“A noi, piccoli commercianti disperati, sembrava impossibile attaccare un colosso come le banche. Ma per difenderci dall’usura non avevamo altra scelta”. Così i coniugi Mura, titolari di una gioielleria e di un bar a Nuoro, quattro anni fa spiegavano la scelta che li aveva portati a rivolgersi a un avvocato perché ascoltasse la loro storia e li assistesse nel percorso giudiziario – civile e penale – che erano decisi a voler portare avanti. La storia ha inizio nel 1985 con la richiesta di un fido di cento milioni delle vecchie lire all’allora Banco di Napoli (diventato poi Banca di credito sardo) e prosegue due anni dopo con l’accensione di un credito di altri cento milioni alla Banca popolare di Sassari. Per riuscire a coprire il fido la coppia aveva chiesto un mutuo ipotecario alla Banca Cariplo. “Abbiamo pagato regolarmente per circa quattro anni e siamo riusciti a estinguere il debito con entrambe le banche”, avevano spiegato all’epoca. Ma l’attività non andava bene, i soldi erano finiti, l’ansia per la pressione degli istituti di credito toglieva loro il sonno e come se non bastasse era arrivato anche l’ufficiale giudiziario. “Ci hanno pignorato i nostri beni che erano stati ipotecati per poter ottenere il mutuo dalla Cariplo ed è stata fissata la vendita all’incanto”. È stato allora che i commercianti Isabella Gungui e Antonino Mura, con coraggio, hanno deciso di mettersi in salvo.

L’iter giudiziario seguito dai coniugi che ha portato al pignoramento

Sotto il profilo penale l’inchiesta per usura è ormai archiviata. La causa civile invece è andata avanti. Dal 2010 a oggi c’è stata una sentenza di primo grado che ha condannato la banca per anatocismo imponendo il pagamento di 192mila euro dovuti ai commercianti. Lo scorso 14 marzo è arrivata anche quella della corte d’appello che ha confermato il primo verdetto. Da marzo fino a ieri mattina l’avvocato Delogu ha aspettato che l’istituto pagasse quanto dovuto, senza eccessi. Ma è stata un’attesa vana e a quel punto è arrivato il provvedimento di pignoramento di 230mila euro (cifra che va ad includere tutte le spese). Tutti in banconote di piccolo e medio taglio.
Il “blitz” nella sede di Cagliari. Ieri mattina il legale si è presentato nell’istituto di credito di viale Bonaria accompagnato dall’ufficiale giudiziario. La trattativa con i vertici della Banca di credito sardo è andata avanti per buona parte della giornata. Ma non si è arrivati a un accordo. Ossia al pagamento, così come disposto dalla sentenza dei giudici d’appello. Il momento successivo è stato quello di “bloccare” i contanti contenuti nelle casse. Comprensibilmente c’è stato qualche attimo di tensione soprattutto perché a quell’ora la banca era in piena attività. Per questo si è deciso, per evitare di creare disagi agli incolpevoli utenti, di aspettare l’orario di chiusura. Solo allora l’ufficiale giudiziario ha messo da parte la cifra esatta che è stata riposta in una cassetta di sicurezza: oggi, scortato da una pattuglia di carabinieri, porterà i 230mila euro in tribunale e poi ci sarà la decisione del giudice.
Il problema è che i beni dei due negozianti sono stati messi all’asta. E la vendita è prevista a breve. Il bar e la gioielleria, che si trovavano in via Deffenu, erano stati ipotecati quando i due avevano avuto necessità di accendere un mutuo con Cariplo. I Mura a un certo punto non erano più riusciti a pagare e, attraverso l’Italfondiario, le due attività erano state pignorate e messe in vendita all’asta. Le sentenze del tribunale civile, per il momento, danno loro ragione. È una vittoria in parte.


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