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Made in Italy: quante imprese a rischio nel 2021?


Ad un anno di Pandemia si tirano le somme di quella che possiamo definire un'economia in ginocchio. Il prodotto interno lordo ha subito un calo del -8,9%, l'inflazione a febbraio 2021 è del +0,1% e sembrerebbe accelerare. Secondo la Banca d’Italia ci troviamo di fronte ad un alto rischio, in aumento ogni giorno, di fallimenti per le aziende: sono bene 2.800 le imprese a rischio fallimento entro il 2022. A queste potrebbero aggiungersi quelle imprese del made in italy che sono state salvate solo grazie agli aiuti pubblici: potrebbero essere ben 3.700. Secondo un'indagine Istat i numeri potrebbero essere molto più preoccupanti. Sono le piccole imprese a trovarsi nella crisi più nera.

La crisi nera delle 292 mila piccole imprese

Dalle piccole agenzie viaggi, che ad oggi perdono ben il 63%, al mondo dell'arte e dello spettacolo che perde più del 90%, a causa dei cinema e teatri chiusi e data l'impossibilità di avere luoghi dedicati alla musica dal vivo. Anche le strutture alberghiere rientrano nella lunga lista delle 292 mila piccole imprese a rischio, perdendo ben il 47% e con il serio rischio, data l'accelerata delle nuove variati, di vedersi sfumare anche la possibilità di recuperare durante la stagione estiva. Le attività ricreative perdono più del 46%, sono davvero poche le persone che in questo momento riescono a dedicarsi a svaghi ed hobby, per varie ragioni: la paura del contagio, la chiusura delle strutture e, soprattutto, un forte calo della disponibilità di spesa.

Il made in Italy rischia di perdere ben 138 miliardi di euro di commercio internazionale. Questo in parte causato dall'aumento di casi che hanno coinvolto le province che maggiormente incidono sull'export. Tra queste naturalmente abbiamo la provincia di Milano, Padova, Venezia, Lodi, Bergamo, Pavia e molte altre che complessivamente producono un volume di esportazioni pare a 465 miliardi di euro. Le fiere specializzate, il turismo, il commercio e l'agricoltura sono i settori dove la crisi dell'export ha inciso di più. Le fiere di settore, come il salone del mobile di Milano, insieme all'evento che l'accompagnava, il Fuorisalone, ed a tutto il mondo del Design producevano da soli un indotto da 350 milioni di euro.

Gli effetti economici sui ragazzi in DaD

Ci sono Regioni che hanno totalizzato solo due settimane complessive di frequenza scolastica in presenza. Altre hanno alternato chiusure, aperture e modalità miste che hanno causato tanta discontinuità nei metodi di insegnamento. Ma quanto inciderà sui redditi delle generazioni future più di un anno di DaD? Quanto inciderà sul made in italy del futuro la quasi perdita di un anno di formazione? Ci sarà modo di recuperare tutto questo? Secondo le stime fatte dalla Fondazione Agnelli i nostri ragazzi e le nostre ragazze a causa di un anno di didattica a distanza rischiano di aver perso 21 mila euro di reddito, procapite. Questo è quanto equivarrebbe un anno di mancata o scarsa formazione.

Nei Paesi Bassi è stato effettuato un test di valutazione delle capacità in due materie, matematica e competenze linguistiche, effettuato prima e dopo le 8 settimane di chiusura delle scuole. Il test aveva lo scopo di quantificare ed analizzare se gli studenti in DaD compissero avanzi formativi. Lo studio ha rilevato che dopo 8 settimane di didattica a distanza gli studenti non erano affatto migliorati, ovvero non avevano compiuto alcun progresso. Addirittura questo test ha potuto constatare che gli studenti provenienti da famiglie più svantaggiate non solo non avevano registrato progressi ma erano persino peggiorati. Questo metodo potrebbe rilevarci molte cose riguardo al deficit formativo che inevitabilmente inciderà sull'economia nazionale in futuro.

Impennata di depositi

Le famiglie nel 2020 hanno perso una quantità di reddito pari a circa 29 miliardi di euro, incidendo sui consumi per 108 miliardi. La crisi ha però inciso significativamente sulla propensione al risparmio, non solo perché vi è la reale impossibilità di realizzare molte spese, come quelle di viaggio, vacanze, cinema, teatri e hobby vari, ma anche perché la paura e l'incertezza del domani porta le famiglie a preferire mantenere i proprio risparmi in deposito. Siamo così passati dal 6% di propensione al risparmio a ben il 16%. Questo si è tradotto in 84 miliardi in più sui conti correnti rispetto all'anno scorso, che già aveva fatto registrare un record storico di depositi.

Secondo degli studi effettuati dalla direzione ricerche di Intesa San Paolo il totale dei soldi in deposito si aggirerebbe sui 1.200 miliardi di euro. C'è chi però non può contare con alcun risparmio sul proprio conto. Sono le famiglie che hanno significativamente diminuto il proprio reddito. Ben il 15% dichiara diminuzioni di circa il 25% delle proprie entrate. Sono le famiglie che rientrano nella soglia di rischio povertà. Secondo la Caritas i nuovi poveri sono passati dal 31% a ben il 45% durante l'anno della pandemia. Le aziende simbolo del made in italy dovranno fare conto anche con questo. La capacità di spesa media è diminuita e i nuovi poveri sono aumentati.

Le donne hanno pagato il costo più caro

La disoccupazione è al 9%, se confrontato con la media europea che si aggira attorno al 7,5% non ne cogliamo a pieno la gravità. La disoccupazione, infatti, è al momento frenata dalle misure straordinarie adottate dal Governo: il blocco dei licenziamenti e la cassa integrazione. Misure che toccano un lavoratore su tre e che non hanno precedenti nella storia recente. Tuttavia, le misure hanno funzionato da paracadute soprattuto per i contratti a tempo indeterminato. I lavoratori maggiormente penalizzati dalla crisi rimangono quindi i precari, categoria formata soprattutto da giovani e donne. Cala l'occupazione tra i giovani (-4,4%), aumentano gli inattivi (+8,3%) e, peggio ancora, le donne perdono oltre 310.000 posti di lavoro, ossia ben il 70% dei posti persi dall'inizio della crisi.

Il Made in Italy riuscirà a recuperare?

La risposta è: "difficile ma non impossibile". Durante la crisi, infatti, alcuni settori hanno resistito con perdite assorbili e facilmente recuperabili nel tempo grazie a un mercato considerato di qualità come quello alimentare, farmaceutico o edile. Inoltre, l'arrivo dei Recovery Fund, di cui la nostra economia potrà godere dei prossimi anni, può essere la carta giusta per spingere verso una ripresa rapida. Il fondo, infatti, è legato a investimenti di crescita e sviluppo economico e, quindi, se usato bene, potrà essere la carta vincente per una rinascita dell'economia territoriale. D'altro lato, se questa opportunità dovesse essere infine sprecata, il fondo si trasformerà in un vero macigno difficilmente sostenibile dal debito italiano.


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