Il tribunale può concedere un termine al debitore non superiore a 15 giorni al fine di apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti. Il controllo del tribunale ha una natura principalmente formale, che non va ad incidere sulle condizioni offerte e sul programma presentato dal debitore; ciò si evince dal tenore dell'art. 162 che fa riferimento ai presupposti dell'art. 160 comma primo e secondo e 161.
Il tribunale, dunque, verifica che si tratta di un imprenditore che può essere sottoposto al fallimento, che lamenta uno stato di crisi o insolvenza, che regola i suoi rapporti con i creditori privilegiati, secondo quanto dispone comma 2 dell'art. 160; c'è poi la verifica ex art. 161, circa il ricorso e la documentazione presentata, e soprattutto relativamente alla "qualità" della relazione presentata dal professionista insieme al ricorso al concordato preventivo.
Altro requisito che deve valutare il tribunale è l'omogeneità delle classi di creditori eventualmente inserite dal debitore (art. 163 l.f.).
Se il tribunale ritiene che non vi siano i requisiti formali, una volta sentito il debitore, rigetta la domanda con decreto, dichiarando il ricorso inammissibile. Il decreto non è soggetto a reclamo, ma la domanda può essere ripresentata, in modo diverso da quella rigettata.