Crisi Aziendali

La crisi del diesel si abbatte sulla Mahle


La proprietà tedesca della Mahle Componenti Motori, importante azienda nel settore della componentistica per automobili diesel, ha annunciato la chiusura degli stabilimenti attivi in Piemonte, per l’esattezza a La Loggia e Saluzzo. La produzione nelle due sedi terminerà ad inizio 2020. Una settimana fa l’azienda ha avviato la procedura di licenziamento collettivo per i 453 dipendenti. A pesare, secondo la proprietà, sarebbe la crisi del diesel a livello globale che ha ridotto la competitività degli stabilimenti italiani, ma anche il mancato rinnovo di alcuni accordi commerciali con il gruppo Fca.

“Vi è una sempre più difficile situazione di mercato che sta conducendo ad un ulteriore declino negli ordinativi, dopo che per oltre un decennio i due siti hanno sofferto di una continua contrazione delle vendite e della conseguente situazione economica negativa” – ha scritto in una nota la casa madre aggiungendo poi che “si attende purtroppo che questa situazione deteriori ulteriormente a causa della mutata direzione strategica delle case automobilistiche europee“. Giovedì, 31 ottobre, è in calendario un primo incontro a Torino, nella sede dell’Unione Industriale. La speranza dei sindacati è che si possa intavolare una trattativa per evitare chiusura dei siti e licenziamenti. “L’azienda ci ha fatto sapere che le sedi piemontesi vanno chiuse in quanto non più competitive e perché il prodotto non avrebbe più mercato o, comunque, i margini di guadagno non sarebbero più soddisfacenti – spiega la Film-Cisl - la produzione potrebbe essere trasferita in Polonia e negli stabilimenti di Turchia, Germania e Spagna. Da parte sindacale abbiamo dichiarato disponibilità a discutere di più soluzioni ma escludendo la chiusura degli stabilimenti, serve responsabilità sociale anche da parte delle imprese, in un momento storico difficile e di transizione abbandonare il campo, scaricando sui lavoratori il peso delle difficoltà derivanti da scelte politico-industriali eseguite a livello internazionale, non è accettabile“. In generale a soffrire per la crisi del diesel e per una transizione all’elettrico che ha subito una accelerata importante è tutto l’automotive italiano e non solo Mahle. La filiera italiana di componentisti che lavorano al diesel è complessa – riassume Il Sole 24ore - si va dalle fonderie, dove si realizzano le parti principali del motore, fino ai produttori di singoli componenti (valvole, filtri, ecc.). Secondo l’Osservatorio sulla componentistica auto parliamo di oltre 240 imprese e almeno 32mila addetti, numero che sale a 50mila se si considera l’indotto allargato. La metà di loro, circa 25mila persone, lavora sui motori diesel, uno dei prodotti di punta storicamente dell’automotive italiano grazie alle competenze nel common rail.


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