Espropriazione

La cessione volontaria nella storia


Più di recente l'art. 45 D.P.R. 327/01 ci dice che “Fin da quando è dichiarata la pubblica utilità dell'opera e fino alla data in cui è eseguito il decreto di esproprio, il proprietario ha il diritto di stipulare col soggetto beneficiario dell'espropriazione l'atto di cessione del bene o della sua quota di proprietà”.

Perchè è stata introdotta la cessione volontaria

La cessione volontaria viene introdotta per concludere il procedimento di ablazione più velocementre attraverso il consenso, saltando la fase dell'indennità definitiva,  dopo il raggiungimento di un accordo su di essa.
Così il contenzioso giurisdizionale è deflazionato. Nel frattempo la PA attraverso l'accordo si tutela da azioni giudiziali future.
Trattandosi di una vera e propria vendita con la PA c'è chi lo ritiene un contratto iure privatorum tale istituto, per questo il G.O. avrebbe il potere di sindacare la validità di tale accordo, potendolo annullare se irregolare o dichiarare nulla in mancanza del potere di ablazione. Per la tesi maggioritaria è un vero e proprio contratto di diritto pubblico, con cui il potere pubblico viene esercitato consesulamente ex art. 11 l. 241/90; per altri, invece, l'articolo non sarebbe applicabile perché si tratta comunque di una modalità di chiusura del procedimento per il quale servirebbe una relazione legale e predeterminata di alternatività al decreto ablatorio.
La cessione volontaria ha dunque la struttura del contratto, ma effetti dei provvedimenti amministrativi, equiparabili al decreto di esproprio ex art. 45 co. 3 T.U.

Le caratteristice della cessione volontaria

E' un istituto pubblicistico sottoposto agli adempimenti dell'evidenza pubblica, e dunque è necessaria anche la forma ad substantiam. Per la Cassazione infatti, la confessione o il riconoscimento di debito, non possono fornire prova ad substantiam dell'esistenza dell'atto.
Se parliamo di accordo sostitutivo andranno applicate le recole in materia di obbligazioni civili per quanto compatibile con  l’art. 11 co. 2 l. 241/90.
Poichè la cessione volontaria è inserita all'interno di un procedimento ablatorio si può distinguere questa dalla compravendita, la cessione volontaria non può essere concepita in mancanza della dichiarazione di pubblica utilità. A seconda della natura che si riconosce all'istituto si applicheranno regimi diversi in materia di inadempimento e patologie.
Difatti se si accogliesse la ricostruzione privatistica della cessione volontaria ne deriverebbe che ad essa sarebbero applicabili i rimedi privatistici della risoluzione, rescissione, nullità ed annullamento; inoltre, i diritti vantati dai terzi non si estinguerebbero (salvi gli effetti della trascrizione), e nell’ipotesi di cessione effettuata da chi non sia proprietario, il vero proprietario potrebbe esperire l’azione di rivendicazione.
Se parliamo invece di contratto di diritto pubblico, allora in caso di acquisto del bene, pronunciata l’espropriazione, tutti i diritti relativi agli immobili espropriati possono essere fatti valere solo sull’indennità.
Il terzo che vorrà far valereil suo diritto di proprietà non potrà proporre la rivendicazione verso l'espropriante ma dovrà agire direttamente verso l'esporpriato.
Infatti l’art. 34 comma 2 T.U. recita: “dopo la trascrizione del decreto d’esproprio o dell’atto di cessione, tutti i diritti relativi al bene espropriato possono essere fatti valere sull’indennità”: anche recente giurisprudenza della Cassazione ha fatto applicazione di tale principio.
Relativamente agli effetti, se equipariamo la cessione volontaria al decreto di esproprio,per il quale l'art. 45 TU co. 3 prevede che “L’accordo di cessione produce gli effetti del decreto di esproprio e non li perde se l’acquirente non corrisponde la somma entro il termine concordato”ne discende che il terzo, il quale ritiene di avere un diritto sull’indennità potrà presentare opposizione davanti al G.O. , in modo diverso chi è stato chiamato alla conclusione dell’accordo potrà procedere all'impugnazione davanti al G.A.
Il legislatore ha portato la posizione dell'espropriando in termini che variano nell'arco del procedimento che va dalla fase della dichiarazione di pubblica utilità al decreto di esproprio. C'è un diritto potenziale nel concludere l'accordo, quindi un atto di cessione del bene che diventa obbligo dopo l'accettazione dell'indennità provvisoria.
In questo senso l’art. 45 co. 1 T.U. prevede che il proprietario può stipulare con il beneficiario dell’espropriazione l’atto di cessione del bene fino alla dichiarazione di pubblica utilità e finche viene eseguito il decreto di esproprio.

L'ipotesi in cui non viene stipulata la cessione dopo l'inadempimento del proprietario

L’art. 20 T.U. regola l'ipotesi in cui, accettata l’indennità provvisoria, non è stata stipulata la cessione per inadempimento del proprietario: “Il beneficiario dell'esproprio ed il proprietario stipulano l'atto di cessione del bene qualora sia stata condivisa la determinazione della indennità di espropriazione e sia stata depositata la documentazione attestante la piena e libera proprietà del bene. Nel caso in cui il proprietario percepisca la somma e si rifiuti di stipulare l'atto di cessione del bene, può essere emesso senza altre formalità il decreto di esproprio, che dà atto di tali circostanze, e può esservi l'immissione in possesso, salve le conseguenze risarcitorie dell'ingiustificato rifiuto di addivenire alla stipula.”
Così il comma 9 dell’art.20 il quale arriva al comma 12 a dire che: “L'autorità espropriante, anche su richiesta del promotore dell'espropriazione, può altresì emettere ed eseguire il decreto di esproprio, dopo aver ordinato il deposito dell'indennità condivisa presso la Cassa depositi e prestiti qualora il proprietario abbia condiviso la indennità senza dichiarare l'assenza di diritti di terzi sul bene, ovvero qualora non effettui il deposito della documentazione di cui al comma 8 nel termine ivi previsto ovvero ancora non si presti a ricevere la somma spettante.”


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