Con la sentenza 4862/10 la Cassazione interviene in maniera definitiva a definire gli effetti giuridici di una pronuncia di fallimento nella fattispecie in cui sia stato precedentemente stipulato un contratto di leasing.
La sentenza de qua stabilisce infatti che, nel caso in cui il curatore si esprima a favore dello scioglimento del contratto, il concedente non può vantare nessun diritto per quanto concerne i canoni non ancora scaduti potendo richiedere esclusivamente la restituzione del bene ed eventualmente, qualora configurabile, l’ammissione al passivo per la differenza tra il credito risultante al momento del fallimento e quanto ottenuto dalla vendita del bene.
Di fatto con la sentenza di cui sopra la Corte conferma la normativa così come risultante dalla riforma fallimentare del 2006. Su questo punto infatti il decreto legislativo 5/2006 si presenta molto chiaro nell’escludere il concedente dal passivo per i canoni non scaduti.
Le motivazioni della sentenza della Suprema Corte, e in generale della riforma fallimentare da cui questa trae ispirazione, si basano sulla constatazione del fatto che, a seguito dello scioglimento del contratto, il bene in esame viene restituito e quindi il concedente torna a disporne liberamente potendolo perfino vendere o comunque ricollocare.