Immaginiamo di ricevere una notifica di esecuzione per esproprio per pubblica utilità, quali criteri bisogna seguire?
La pubblica amministrazione può emanare un decreto di occupazione d’urgenza, tra le altre ipotesi, quando il numero degli immobili da espropriare è molto alto. In tali casi non è raro che l’ammontare dell’indennità che si offre d ogni singolo proprietario venga determinata mediante criteri e modalità di quantificazione automatiche, visto che la procedura di espropriazione è molto complessa e l’obbligo di rispettare tempi rapidi non permettono l’esecuzione di valutazioni approfondite sui particolari di ogni appezzamento di terreno.
Le consulenze tecniche e le quantificazioni alternative
La legge consente agli espropriati la facoltà di accedere a quantificazioni alternative e indipendenti dalla procedura di esproprio. La scelta di una opzione piuttosto che di un’altra ha i suoi vantaggi e svantaggi. Bisogna avere in mente il quadro sia normativo che pratico, specificando quale sia la strada migliore.
Per valutare l’indennità offerta rispetto al valore della porzione di fondo che che sarà sottoposta ad esecuzione forzata, è importante recarsi in tempi brevi presso un consulente tecnico (perito agrario) perché possa procedere alla stima dell’immobile. La legge prevede un termine di soli trenta giorni, dalla data della immissione in possesso, con la quale viene comunicata formalmente la volontà di accettare l’offerta oppure ci si avvale del procedimento di quantificazione alternativo con la partecipazione del perito di fiducia.
Si consiglia l'accettazione dell’offerta proposta quando, da alcuni confronti sull’ammontare determinato dall’amministrazione e l’indennità quantificata dal suo perito, la differenza è di poco. Infatti, se si accetta l’indennità, si potrà ricevere immediatamente un acconto dell’80% della somma dovuta; inoltre non vi sarà l'addebito di spese. Invece, se scegliessimo il ricalcolo della indennità attraverso il procedimento peritale, il rischio è di dover pagare i costi che l’amministrazione sostiene per l’affidamento degli incarichi di consulenza ma, d’altra parte, si può contare su uno studio più mirato, che possa considerare le variabili e le qualità intrinseche dell’immobile soggetto ad esproprio.
Che cosa prevede la legge
La legge prevede che l’espropriato sia tenuto a pagare le spese se la stima è minore rispetto a quella offerta in precedenza; le spese si suddividono a metà se la differenza tra i due valori non va oltre il decimo, mentre nulla sarà dovuto se la nuova quantificazione va oltreun decimo rispetto a quella offerta. Dovrebbe, dunque, convenire rifiutare l’offerta e propendere per la procedura peritale quando la quantificazione effettuata in privato determina un ammontare considerevolmente maggiore rispetto a quello offerto.
Entro 30 giorni dalla notifica della nuova stima o del decreto di esproprio, possono essere comunque impugnate di fronte alla Corte d’Appello le valutazioni effettuate dai tecnici, i quali potrebbero non aver considerato le valutazioni del proprietario del bene e del suo tecnico. In tal caso il giudice individuerà definitivamente l’importo attraverso l’ausilio di consulenti d’ufficio.
A ciò si aggiunga che nel caso di specie, oltre al valore della porzione che si sottopone ad espropriazione, il proprietario del bene ha diritto ad ottenere una indennità aggiuntiva quando, ad esempio, un terreno è coltivato a grano e, per la procedura, potrebbe subire dei danni per la distruzione delle colture e per il mancato raccolto. La legge permette infatti il riconoscimento di un’ulteriore somma al proprietario che sia anche imprenditore agricolo.
La sentenza n. 8540 depositata il 27 aprile 2015 - la Corte di Cassazione, sesta sezione civile
La Cassazione ha respinto il ricorso presentato contro la pronuncia con cui la Corte d'Appello condannava il Ministero della Giustizia alla corresponsione, a favore dei ricorrenti, dell'equa riparazione per eccessiva durata di una procedura esecutiva a carico dei ricorrenti.
I ricorrenti sottolineavano, rivendicando un maggior importo a titolo di equo indennizzo, come la Corte territoriale avesse in modo errato considerato di quattro anni la ragionevole durata del processo de quo (ovvero, fino alla data dell'ordinanza di vendita), ritenendo invece il lasso di tempo successivo non soggetto a valutazione ai fini dell'equa riparazione, in quanto non ascrivibile all'amministrazione della giustizia, ma al mercato medesimo.
I ricorrenti sottolineavano che i giudici di merito avrebbero violato la Legge 81/2001 (c.d. Legge Pinto), giacchè il giudice dell'esecuzione è l'arbitro dell'intera procedura esecutiva e dunque anche della fase di vendita, che dovrà essere gestita in maniera dinamica, con adeguamento delle ordinanze alle condizioni di mercato.
La Cassazione ha osservato che le frazioni processuali non dipendenti nè dal giudice nè dalle parti nè da terzi, ma dal difetto di interesse di quelli che potrebbero inserirsi nel processo esecutivo per concorrere al suo scopo, non rientrano nel controllo dell'autorità giudiziaria e non sono dunque computabili ai fini della durata irragionevole, nè valutabili nel più ampio contesto della durata totale.
Dunque, la durata standard dell'espropriazione immobiliare non va ad include includere i tempi tecnici relativi alla vendita andati deserti per mancanza di offerenti, giacché tali esperimenti, se correttamente e tempestivamente effettuati, dovranno essere sottratti dal tempo complessivo della procedura su cui operare, ex art. 2 Legge Pinto, il giudizio di ragionevole durata.