Massima: Nell’accertamento dello stato d’insolvenza di una società cooperativa il Tribunale deve limitarsi ad accertare il solo requisito oggettivo, restando escluso ogni sindacato valutativo circa i requisiti soggettivi.
Si è sancita, dunque, l’irrilevanza del requisito soggettivo di fallibilità nell’accertamento da parte del Tribunale dello stato d’insolvenza di una società cooperativa.
Nello specifico, la società ha ritenuto erroneo l’accertamento del proprio stato di insolvenza, in assenza dei requisiti prescritti dall’art. 1, secondo comma, lett. a), b), c) l.f. (attivo patrimoniale, ricavi lordi ed ammontare dei debiti), data l’uniformità dei presupposti della procedura di liquidazione coatta amministrativa con quelli per la dichiarazione di fallimento, secondo un’interpretazione dell’art. 195 l.f. costituzionalmente orientata al rispetto del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.), oltre che dei principi, a norma dell’art. 76 Cost., della legge delega 14.03.2005 n. 80 (di conv. del D.L. 15.03.2005 n. 35) non operanti alcuna discriminazione tra le due procedure concorsuali.
La Corte ha prima specificato la diversità della procedura di fallimento da quella di liquidazione coatta amministrativa per natura e finalità: se la prima è una procedura concorsuale esclusivamente prevista per l’imprenditore commerciale che non goda dei requisiti esonerativi dell’art. 1, secondo comma, lett. a), b), c) l.f., la seconda è una procedura per le imprese individuate direttamente dalla legge rispondente a ragioni di interesse generale, non riducibili al solo stato di insolvenza.
Poi, il Collegio torinese ha sottolineato che l’analogia tra l’istruttoria propria della liquidazione coatta amministrativa e quella prefallimentare può essere ravvisata solo nelle modalità di accertamento dello stato d’insolvenza dell’impresa che deveo svolgersi, ai sensi dell’art. 195 l.f., nelle forme indicate dall’art. 15 l.f..
Al contrario l’unico presupposto previsto per l’ammissione di un’impresa alla procedura di l.c.a. è l’insolvenza, posto che non vi è alcun richiamo ai requisiti dimensionali di cui all’art. 1 l.f. e ad un loro apprezzamento nell’ambito della procedura di l.c.a.
Una tale regolamentazione, non può essere considerata costituzionalmente illegittima sotto il profilo dell’art. 3 Cost., trattandosi di situazioni diseguali.
La questione di legittimità costituzionale sollevata dalla società nel caso in esame è dunque oltre che manifestamente infondata, priva del requisito di rilevanza anche sotto il profilo dell’art. 76 Cost., non essendoci una violazione della norma, in assenza di principi direttivi nella legge di delega per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali che escludano una diversità di tutela dei creditori nella procedura fallimentare e in quella di liquidazione coatta amministrativa.
Secondo la Corte d’Appello la differente modulazione di tutele dei creditori, per intensità e per modelli procedimentali rientrerebbe nella discrezionalità del legislatore, purché assistita da un criterio di ragionevolezza, ben giustificato, per le ragioni illustrate, dalla diversità delle procedure in esame.
Nell’accertare lo stato di insolvenza di un’impresa soggetta a liquidazione coatta amministrativa e, in questo caso, di una società cooperativa, al Tribunale è dunque conferito unicamente il potere di accertamento della sussistenza di tale requisito oggettivo, in base all’art. 195 l.f., con esclusione di ogni sindacato valutativo dei requisiti soggettivi prescritti dall’art. 1 l.f..