Pignoramenti

Inefficacia degli atti verso il pignoramento e conversione


Quali sono gli atti di alienazione e gli altri atti dispositivi dei beni pignorati che potrebbero vanificare il soddisfacimento dei creditori che partecipano all’espropriazione.

Il debitore può comunque disporre giuridicamente dei beni pignorati. Eventuali atti di disposizione sono validi e produttivi di effetti, nonché inopponibili al creditore pignorante e agli altri creditori che intervengono nell’espropriazione, i quali andrebbero seguiti come se il bene appartenesse ancora al debitore.

Sono fatti salvi gli effetti del possesso in buona fede, i quali determinano l’acquisto della proprietà a titolo originario e dunque, è opponibile ai creditori che partecipano all’espropriazione.

Per l’art. 2914 devono essere inefficaci verso i creditori, purché siano anteriori al pignoramento:

– le alienazioni di beni immobili o di beni mobili iscritti in pubblici registri la cui trascrizione sia successiva a quella del pignoramento;

– le alienazioni di beni mobili ovvero di universalità di mobili che non abbiano data certa anteriore al pignoramento;

– le cessioni di credito notificate al debitore ceduto o da questi accettate in un momento successivo al pignoramento.

L'art. 2916 prevede che nella distribuzione del ricavato non si tenga conto dei diritti di prelazione derivanti da ipoteche, anche se giudiziali, iscritte dopo la trascrizione del pignoramento, ovvero da privilegi soggetti ad iscrizione in pubblici registri ed iscritti dopo il pignoramento, o infine da privilegi relativi a crediti sorti dopo il pignoramento.

Il debitore si può liberare dal pignoramento versando all’ufficiale giudiziario la somma per cui si procede, con l’incarico di consegnare il tutto al creditore. Se non viene fatta riserve di ripetizione, ha effetti liberatori immediati. Se il pignoramento è già avvenuto, consente al debitore di sostituire alle cose o ai crediti pignorati una somma di denaro che corrisponde al totale dei crediti del creditore pignorante dell’esecuzione. Tale richiesta di conversione può essere fatta prima della vendita, una sola volta. Deve essere accompagnata dal deposito in cancelleria di una somma pari ad un quinto del totale di tali crediti, dedotti i versamenti effettuati, dei quali deve essere fornita apposita prova. La richiesta è improcedibile dopo l’aggiudicazione, anche provvisoria, o l’assegnazione dei beni pignorati.

L'importo globale della somma è determinato con ordinanza dal giudice dell'esecuzione, previa audizione delle parti in udienza entro 30 giorni dal deposito dell'istanza; e con essa, se il pignoramento riguarda beni immobili e sussistono giustificati motivi, può essere concessa una rateizzazione mensile del pagamento entro un termine massimo di 18 mesi, con applicazione dei relativi interessi scalari.

Qualora l'istanza di conversione sia accolta, il provvedimento dispone che i beni siano liberati dal pignoramento e la somma sia ad essi sostituita. L'effettiva liberazione dal pignoramento presuppone il versamento integrale di tale somma, eventualmente rateizzata allorché si tratti di immobili. Se invece il debitore non adempie al versamento, oppure, essendo stato ammesso alla rateizzazione, omette o ritarda di oltre 15 giorni di pagare anche una sola delle rate, il giudice, su richiesta del creditore procedente o di altro creditore intervenuto che sia munito di titolo esecutivo, dispone senza indugio la vendita delle cose pignorate. Non si sospende la vendita.

È possibile anche la riduzione del pignoramento, che il giudice può disporre anche d'ufficio, sentiti il creditore procedente e i creditori eventualmente intervenuti, quando il valore dei beni pignorati è superiore all'importo totale dei crediti da soddisfare e delle spese (art. 496). Il giudice valuta discrezionalmente.


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