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I beni confiscati ai mafiosi e le aste: un problema risolto a metà


Uno stravolgimento della Legge 106/96 Rognoni-La Torre autorizza lo Stato a vendere all’asta pubblica i beni confiscati alla mafia.

La legge, richiesta con oltre un milione di firme nel 1995, aveva reso possibile la confisca di quasi 10.000 beni immobili rendendo il dovuto omaggio agli impegni di Pio La Torre.

Ora una nuova interpretazione va a sconvolgere il senso originario della norma prevedendo appunto che, qualora le Amministrazioni non abbiano entro 6 mesi disposto di tali beni, questi possano essere liberamente venduti per mezzo di aste pubbliche. Numerose sono state le proteste, evidenziando sostanzialmente due punti dolenti: gli stessi mafiosi, tramite terze persone e prestanome, possono essere in grado di re-impossessarsi dei beni loro confiscati; purtroppo è noto che, nella quasi totalità dei casi, l’assegnazione richiede ben più di sei mesi dalla confisca.

La cosa forse ancor più grave è che, una percentuale notevole dei beni inutilizzati dopo la confisca lo sono perché occupati dalle famiglie mafiose e quindi sono impossibili da usare.

Ben venga quindi, soprattutto in considerazione del fabbisogno pubblico, l`intenzione di far cassa attraverso la vendita nelle aste giudiziarie, dei beni appartenuti a soggetti mafiosi, ma sarebbe anche auspicabile un ulteriore sforzo, da parte dell`esecutivo, in modo da modificare a monte alcune norme specifiche, cosi da rendere la legge promulgata pienamente efficace.


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