Concordato Fallimentare

Garanzia INPS e modifiche del concordato


Il Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto, che ricomprende le ultime retribuzioni e anche la previdenza complementare, ha lo scopo di sostituirsi al datore di lavoro, in casi di insolvenza di quest’ultimo, nel pagamento del T.F.R. e/o delle ultime tre mensilità ai lavoratori subordinati, cessati dal lavoro o ai loro eredi, secondo quanto previsto dalla normativa.

Il Fondo di Garanzia interviene nei casi in cui cessa il rapporto di lavoro subordinato, a condizione che sia stato accertato lo stato di insolvenza del datore di lavoro: nei casi, dove c'è un'esecuzione individuale non andata a buon fine, fallimento, amministrazione straordinaria e ammissione dell’azienda al concordato preventivo.

Il concordato preventivo è un mezzo del quale può usufruire il debitore quando vuole evitare che su di esso vada a ricadere la gravosa procedura fallimentare. È un accordo giudiziale attravero il quale i creditori e il debitore si accordano sulle modalità di estinzione del debito.
Il Tribunale, sulla base dei documenti forniti dall’imprenditore e della proposta di pagamento almeno in parte dei debiti da questi formulata, va ad emettere decreto di omologazione del concordato oppure dichiara il fallimento.
Nei 5 anni successivi alla pubblicazione del decreto di omologa o del decreto che decide di eventuali opposizioni o impugnazioni al concordato preventivo, il lavoratore può scegliere di presentare domanda all’Inps di intervento del Fondo di Garanzia per ottenere il pagamento del TFR non ancora liquidato dal datore.
La domanda dovrà essere presentata presso la sede Inps del luogo di residenza del lavoratore, salvo la compilazione di appositi modelli reperibili in tutte le sedi e le agenzie Inps e sul sito internet dell’Inps:

  • copia di un documento di identità personale, se la domanda non è firmata in presenza di un funzionario dell’Istituto;
  • Mod. TFR 3/bis (cod.SR52) compilato per intero, timbrato e firmato dal Commissario Liquidatore (se è prevista la cessione dei beni) o dal Commissario Giudiziale (se non è prevista la cessione dei beni) che si occupa della sua compilazione. Bisogna prendere in considerazione che, dall’importo complessivo del TFR maturato, va divisa ed indicata in apposita sezione del mod. TFR3/bis la quota eventualmente accantonata ai fondi di previdenza complementare (fondo di tesoreria compreso);
  • copia autentica del decreto di omologazione;
  • attestazione della cancelleria del Tribunale che il concordato omologato non è stato sottoposto ad appello o reclamo dinanzi alla Corte d’Appello.


L’Inps erogherà il pagamento del TFR in un tempo variabile da sede a sede, quantificabile in 4-6 mesi.

Se il concordato preventivo viene modificato, l'omolagozione va rigettata se ciò avviene dopo il voto dei creditori

In materia di concordato c'è stata una decisione molto interessante. Infatti la Prima sezione civile della Cassazione (sentenza 8575/15, depositata ieri) ha cassato una decisione dell’Appello di Firenze che, nel febbraio dello scorso anno, aveva resuscitato il concordato preventivo di un’azienda di abbigliamento sportivo, una proposta che era stata bocciata dal tribunale.

Si era rilevato in primo gradoche a voto dell’adunanza ormai chiuso, le integrazioni, pur migliorative, sulle garanzie personali e sui tempi dell’esecuzione del piano avevano delineato un nuovo piano, diverso da quello accettato dai creditori. L'Appello rilevava che si sarebbe dovuto al più tornare al piano originario, e non invece procedere alla dichiarazione di fallimento.
La Corte sosteneva che l’assenza di modifiche sostanziali del concordato andasse ad ascludere anche la necessità di rinnovare la relazione di attestazione, già ritenuta valida in relazione alla proposta originaria. In sostanza, l’approccio dell’appello sulla questione di diritto era stato di valorizzare il potere dispositivo delle parti all'interno della procedura.

Per i giudici della Suprema Corte, le modifiche effettuate: «non potevano considerarsi indifferenti per i creditori» in quanto «risultavano suscettibili di incidere non solo sui tempi della liquidazione ma anche sulla fruttuosità della stessa, e quindi sulla fattibilità economica del concordato». La giurisprudenza consolidata sul punto (Sezioni unite 1521/13; Prima sezione 11497/14) non permette di escludere che «ai fini di un’informata e consapevole espressione di voto, i creditori dovessero essere adeguatamente ragguagliati in ordine alle prospettive temporali ed economiche di realizzazione del piano, per la cui valutazione non poteva ritenersi sufficiente la nuova relazione predisposta dal commissario giudiziale, occorrendo innanzitutto un aggiornamento di quella redatta ai sensi dell’articolo 161 terzo comma del codice di procedura, dal professionista designato dalla debitrice».

Non si potrebbe, dunque, neanche applicare il capoverso dell’articolo 179 della legge fallimentare («Quando il commissario giudiziale rileva, dopo l’approvazione del concordato, che sono mutate le condizioni di fattibilità del piano, ne dà avviso ai creditori») perchè presupposto sarebbe che si verifichino eventi estranei alla volontà del debitore e sopravvenuti all’approvazione del concordato, che possano impedire che questo venga adempiuto correttamente.


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