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Flop per beni confiscati: fallimenti dietro l'angolo


Presenti il sindaco Leoluca Orlando, il presidente nazionale di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, il presidente della Camera di Commercio di Palermo, Roberto Helg, e il vicepresidente della commissione parlamentare antimafia, Claudio Fava.

Il problema è che nove aziende confiscate su dieci falliscono, tre su dieci addirittura prima della notifica del decreto. C’è, poi, una forte polemica sulla gestione dell’Agenzia da parte del prefetto Giuseppe Caruso, già additata del presidente della commissione nazionale antimafia, Rosy Bindi, e ora sotto accusa anche per Fava.

Per quanto riguarda il numero di beni confiscati alla criminalità organizzata in Italia, possiamo dire che dal 1992 si raggiungono i15 miliardi, di cui 7 sono stati oggetto di confisca definitiva.

Si stimano 11.238 i beni immobili (terreni, fabbricati o altro) sequestrati o confiscati, 1.708 le aziende e le imprese. Un terzo (623) soltanto in Sicilia, con 30 mila dipendenti coinvolti; ma la criminalità sottrarrebbe sull’economia il 4-5% del Pil nazionale.

Cosa succede alle attività economiche sotto confisca? Stando all’Istituto Nazionale degli Amministratori Giudiziari, che si occupa della gestione dopo l’avvio del procedimento penale, nove aziende su dieci finiscono in fallimento o liquidazione e una su tre fallisce prima della confisca. Il denaro manca, i clienti sono sfiduciati, il collasso è facile. In questo modo si finisce per pensare che finché c’è la mafia si lavora, al contrario, si fallisce.

Secondo Helg le ragioni stanno “nell’assenza di competenze tecniche specifiche in materia economica da parte degli amministratori giudiziari. Per questo, ad esempio, a Milano un accordo fra il Tribunale e Assolombarda ha permesso di affiancare agli amministratori giudiziari 64 manager. Chiediamo che questo principio venga applicato su scala nazionale”. Queste, invece, le parole del sindaco Orlando: “non è normale che un amministratore giudiziario resti in carica dieci, quindici, a volte vent’anni, con conseguenti spese e relativi compensi. La gestione proficua dei beni confiscati è fondamentale, ancora più importante della galera per i boss. A mio parere bisognerebbe separare a norma di legge la ragione sociale delle aziende dai beni immobiliari veri e propri. Ci sono migliaia di edifici inutilizzabili che potrebbero essere destinati all’emergenza abitativa. Caruso ha provato a farlo ma non ci è riuscito del tutto”.

Il vicepresidente della commissione Antimafia rimprovera il prefetto. Bisogna rivedere la normativa dei beni confiscati, il bilancio dell’Agenzia e la mentalità imprenditoriale nella gestione dei beni confiscati alla mafia.


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