L’assessore regionale al territorio, il messinese Maurizio Croce che è stato inserito nell’ambito dell’indagine sulla centrale di Vado Ligure, è attualmente indagato con un altro assessore regionale, nato a Palermo ma trapiantato da anni a Messina, Giovanni Pizzo che ha la delega alle infrastrutture. L’esponente Udc ha già avuto notificato dalla Procura di Messina un’informazione di garanzia per il fallimento della Clinica Santa Rita.
Come è nato tutto
Pizzo stava gestendo il Centro medico insieme a Grazia Romano, ma nel 2011 l’Asp di Messina ha deciso di sospendere l’attività della casa di cura per criticità sotto il profilo igienico organizzativo e assistenziale. Successivamente c’è stato anche il fallimento della società, che aveva una esposizione debitoria milionaria. Nei mesi successivi i sindacati hanno cercato di risolvere la situazione dei lavoratori, che non avevano più ammortizzatori sociali. C’erano cliniche presentatesi per l’acquisto dei beni della Santa Rita e per una ricollocazione dei dipendenti, ma è giunta una revoca dell’accreditamento definitiva nel 2014. Attualmente per motivi di carattere burocratico e giudiziari nessuno di quei lavoratori è stato poi reintegrato nelle cliniche. Pizzo avrebbe sottolineato che la colpa sarebbe dell’Azienda sanitaria 5 che non gli avrebbe versato alcuni contributi che spettavano alla clinica, ma allora l’Asp aveva sottolineato che non era assolutamente vero, e che ritardi nei pagamenti erano quelli ordinari e che aveva trattenuto del denaro perché aveva pagato una società di factoring per un credito che poi si era rivelato inferiore a quello vantato dalla clinica. Pizzo si spostò poi a Palermo e si avventurò nella ristorazione ma anche lì la sue impresa crollò in fallimento.
Le criticità emerse nel periodo passato
Non è la prima volta che Pizzo è al centro di polemiche. Una delle sue uscite più infelici fu quando l’assessore regionale alle Infrastrutture aveva annunciato di essere alla ricerca di un giornalista gratis come addetto stampa al quale avrebbe offerto però una vita spericolata. Scoppiò una polemica, dove era intervenuto l’ordine dei giornalisti e poi Pizzo decise di ritrattare dicendo che scherzava. Negli ultimi tempi poi Pizzo non era riuscito ancora a trovare una soluzione relativamente alla vicenda dei trasporti per le sole minori, che coinvolgono migliaia di persone e turisti. Nonostante l’ex esperta alla mobilità dell’assessorato Nadia Luciano avesse fatto notare degli errori nel bando precedente che lo invalidavano, Pizzo fece fare dei bandi nuovi con quasi gli stessi errori e che infatti sono finiti per essere tutti deserti. Tutti i criteri seguiti erano sbagliato perché contra legem. Infine Pizzo non ha rinnovato l’incarico proprio a Nadia Luciano che era la consulente del settore e ha preso una nuova esperta preparata in marketing ma non in trasporti. Si sta nel frattempo attendendo per decidere se ritirare la delega agli assessori indagati e, in questo modo, a procedere per un rimpasto di Giunta.
Edilcile, in arrivo le lettere di licenziamento
Le lettere di licenziamento agli operai sono giunte nei giorni scorsi. E in tribunale è ormai partita la procedura di fallimento della Edilcile di San Genesio, la ditta che per anni si è occupata delle linee elettriche e impianti soprattutto per conto di Enel. L’istanza di fallimento è stata depositata in tribunale dagli stessi amministratori e per l’11 dicembre è stata fissata davanti al giudice Andrea Balba l’udienza per verificare i crediti (il curatore è Massimo Castello).
La procedura in tribunale sancisce il fallimento del piano di rilancio e del tentativo di salvataggio della ditta di via Porta Pescarina, che era stato avviato alla fine dello scorso anno. Per poter dipanare i debiti era stata avviata una procedura di concordato preventivo. Il piano di risanamento aveva previsto anche la cessione di un ramo d’azienda (impiantistica e manutenzioni) alla Sir di Como. Sul piatto l’azienda aveva però messo 18 esuberi e il cambio di contratto per 45 su 64 dipendenti complessivi dell’azienda. Alla fine, però, l’operazione non è stata sufficienete a evitare il fallimento.
Gli operai (circa 55 quelli che sono rimasti in questi mesi in cassa integrazione ordinaria) non hanno preso lo stipendio dal 16 gennaio, quindi da quasi sei mesi. La procedura di fallimento dovrebbe accelerare la possibilità di prendere i soldi, perché si andrà avanti con la mobilità. «Senza stipendio si fa molta fatica, è un incubo riuscire a mandare avanti la famiglia – spiega un operaio –. Almeno con la mobilità abbiamo un anno davanti per riuscire a organizzarci
in maniera diversa». Una boccata di ossigeno nell’attesa di trovare una ricollocazione. Nel frattempo gli alcuni operai che hanno ricevuto le lettere di licenziamento stavano valutando il ricorso agli avvocati e ai sindacati per essere seguiti all’interno della procedura.