Il piano prevede la completa soddisfazione dei creditori e mira ad affrontare alcune passività a lungo termine. Sono 28 i negozi che la divisione americana gestisce
Diesel Usa Inc, la divisione americana dell'azienda italiana Diesel Spa, ha fatto richiesta di concordato preventivo. Nello specifico si è appellata alla procedura di Chapter 11 della legge fallimentare americana che prevede la richiesta di protezione dai creditori. Lo rende conto un documento presentato dall'azienda stessa alla corte del Delaware. Allegato c'è già un piano di ristrutturazioe e al momento non si prevede nessuna chiusura dei 28 negozi presenti negli undici Stati americani. Secondo quanto scrive Bloomberg, i documenti presentati in tribunale tracciano una strategia di rilancio del marchio Diesel negli Stati Uniti, compresa l’apertura di nuovi negozi e l’adeguamento di alcuni vecchi store che diventeranno meno costosi da gestire.
"Passo fondamentale per un business più sano e forte"
Secondo quanto scrive Diesel, "La riorganizzazione è un passo fondamentale per Diesel Usa per affrontare alcune passività di lungo termine e costruire un business sano e più forte nel paese (Fresh Start), costruendo una presenza di brand dinamica e in linea con l’evoluzione attuale del mercato". La procedura, che garantisce ai creditori il recupero integrale dell’esposizione, prelude ad una «ridefinizione della distribuzione Diesel sul mercato statunitense". La richiesta di Diesel Usa prevede infatti un aspetto particolare. Tra gli impegni assunti ufficialmente dall’azienda, infatti, c’è quello di consentire a ogni classe di creditore il recupero del 100% della propria esposizione.
Asset da circa cento milioni di euro
La documentazione presentata ai giudici, secondo quanto riporta Bloomberg, attribuisce a Diesel Usa asset per un valore di circa cento milioni di dollari (circa 88,4 milioni di euro) e di debiti per 50 milioni. Secondo l'agenzia specializzata, Diesel sarebbe vittima della seconda ondata di crisi del retail americano e arriva in un momento in cui molte catene, sopravvissute alla prima crisi, sono tornate in fibrillazione. Tra queste, il retailer di calzatures Payless Inc, che ha presentato istanza di fallimento il mese scorso e sta chiudendo 2.500 negozi, o di Victoria’s Secret e Gap, che sono tra coloro che intendono ridurre il proprio network.