Legittimazione attiva
Sulla base di quanto previsto dall'art. 6 L.F., il fallimento può essere dichiarato su ricorso:
- del debitore,
- di uno o più creditori,
- del Pubblico Ministero.
Rispetto al passato, il Tribunale non ha più la possibilità di dichiarare d'ufficio il fallimento.
Il giudice, pertanto, può pronunciarsi unicamente in presenza di iniziativa proposta da un legittimato e sempre a condizione che la domanda sia mantenuta ferma e non sia rinunciata.
Ciò detto, vediamo nel dettaglio le varie possibilità.
Quando l’imprenditore richiede il proprio fallimento
L'imprenditore, che si trovi in stato di insolvenza e voglia richiedere il proprio fallimento, ha l’obbligo di depositare presso la cancelleria del Tribunale del luogo dove ha la sede principale dell'impresa precisi documenti:
- le scritture contabili e fiscali obbligatorie concernenti i tre esercizi precedenti ovvero l'intera esistenza, se questa ha avuto una minore durata.
- uno stato particolareggiato ed estimativo delle sue attività,
- l'elenco nominativo dei creditori e l'indicazione dei rispettivi crediti,
- l'indicazione dei ricavi lordi per ciascuno degli ultimi tre esercizi,
- l'elenco nominativo di coloro che vantano diritti reali e personali su cose in suo possesso e l'indicazione delle cose stesse e del titolo da cui sorge il diritto.
Con il deposito dei citati documenti l’imprenditore documenterà e proverà così il suo stato di sofferenza.
Ricorso proveniente da uno o più creditori
Il ricorso da parte di uno o più creditori è il caso più usuale in cui viene dichiarato il fallimento.
È sufficiente che la richiesta provenga da uno solo dei creditori, non essendo necessaria alcuna richiesta congiunta.
Condizione essenziale, tuttavia, è il superamento della soglia minima di indebitamento prevista dal legislatore ex art 15 L.F..
Sulla base di quanto stabilito dalla citata norma, infatti, il fallimento non va dichiarato, se risulta dagli atti dell'istruttoria fallimentare, comprese quindi le informazioni assunte, che i debiti scaduti e non pagati, siano complessivamente inferiori ad euro 30.000,00.
Ovviamente, l'entità del credito dell'istante diventa rilevante ove non vi siano altri creditori o, comunque risulti essere necessario, anche nella sommatoria con altri, al raggiungimento della soglia indicata.
Iniziativa del P.M.
Il Pubblico Ministero è tra i soggetti legittimati a proporre ricorso al fine della dichiarazione di fallimento.
In questo caso, però, diversamente dagli altri soggetti legittimati, lo stesso ha il dovere e non la facoltà di richiederlo al verificarsi di specifiche ipotesi.
Il P.M., quindi, presenta la richiesta in due ipotesi:
- quando ha percezione diretta dello stato di insolvenza, ossia, quando la morosità risulta nel corso di un procedimento penale, ovvero dalla fuga, dalla irreperibilità o dalla latitanza dell'imprenditore, dalla chiusura dei locali dell'impresa, dal trafugamento, dalla sostituzione o dalla diminuzione fraudolenta dell'attivo da parte dell'imprenditore.
- quando ha percezione indiretta dello stato di insolvenza, ovvero quando l'insolvenza risulta dalla segnalazione proveniente dal Giudice che l'abbia rilevata nel corso di un procedimento civile.
In questo ultimo caso, la norma ricomprende anche eventuali segnalazioni effettuate nell'ambito di procedure fallimentari.
La “ratio” di questa previsione va rinvenuta nell’intento di favorire quanto più possibile una ampia informazione alla Procura della Repubblica, in ragione dell’interesse pubblico alla tempestiva instaurazione di una procedura concorsuale quando ne ricorrano i presupposti.
Secondo quanto stabilito dalla Suprema Corte di Cassazione con una recente sent. n. 8903/2017: “Venuta meno la legittimazione d'ufficio alla dichiarazione di fallimento da parte del Tribunale, la volontà legislativa che emerge dalla lettura delle varie ipotesi, è quella di ampliare la legittimazione del PM a presentare istanza di fallimento a tutti i casi nei quali l’organo abbia istituzionalmente appreso la notitia decoctionis.”