Nessuna firma sull'accordo per la cassa integrazione per i 100 dipendenti. La proprietà turca, accusano i sindacati, vuole chiudere lo stabilimento di Novi. Ma l'azienda: "Stiamo valutando proposte d'acquisto"
Niente di fatto al Ministero. Il futuro dello stabilimento Pernigotti di Novi Ligure sembra ormai segnato. La proprietà turca dell'azienda cioccolatiera, a detta dei sindacati, avrebbero escluso qualsiasi ipotesi di vendita del marchio. "Nell'odierno incontro al Ministero del Lavoro - si legge in una nota - i rappresentanti dell'azienda hanno continuato a tenere un atteggiamento di chiusura in spregio alle posizioni del governo, delle Organizzazioni Sindacali, delle istituzioni locali e soprattutto dei lavoratori di Pernigotti di Novi Ligure, proponendo contratti di fornitura a terzi e la vendita dei macchinari dello stabilimento senza nessun patto sociale che preveda l'utilizzo di ammortizzatori sociali". Al momento, dunque, rimane in piedi la volontà di utilizzare il marchio Pernigotti per le produzioni che già si fanno in Turchia. Al termine dell'incontro le parti, su proposta del ministero del Lavoro, si sono aggiornate al 5 febbraio ma, sul tavolo, al momento resta solo la proposta di cassa integrazione per cessazione. "Ci auguriamo - conclude la nota sindacale - che in questo mese possano maturare condizioni diverse per l'affido delle produzioni italiane a un soggetto che abbia un profilo industriale". Ovviamente di altro tenore le dichiarazioni dell'azienda che parla di "proroga di un mese del termine relativo alla richiesta di Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria per i 100 dipendenti, un ulteriore rinvio utile all'advisor incaricato di valutare concretamente le proposte d'acquisto finora pervenute". Secondo la proprietà, infatti, ci sarebbero alcune manifestazioni di interesse da valutare. Oltre a Sperlari e ad un fondo indiano - secondo le indiscrezioni raccolte dall'agenzia Radiocor - anche la Laica di Novara e altre realtà locali come Suissa avrebbero chiesto informazioni.