Studi e Ricerche

Autunno caldo post Covid, 1/3 imprese ipotizza riduzione personale


Più di 1/3 delle imprese (35%) valuta una riduzione del personale con un peggioramento delle conseguenze economiche dell’emergenza coronavirus. E’ quanto emerge dall’indagine dell’Unione europea delle cooperative (Uecoop) su un campione di aziende a livello nazionale in riferimento agli ultimi dati sull'occupazione a luglio diffusi dall'Istat che indicano la perdita di 556mila posti di lavoro rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Anche per questo motivo, ossia per evitare i pesanti effetti economici di una ripresa della pandemia, nonché ovviamente al fine di garantire la salute dei cittadini, la situazione dei contagi va tenuta sotto controllo. I segnali che arrivano dai vari comparti sono molto preoccupanti – sottolinea Uecoop – in particolare in quelle realtà che offrono servizi: dalla logistica alla sicurezza, dall’assistenza socio sanitaria ai trasporti. La riapertura delle attività produttive si verifica in uno scenario di grande incertezza sulla tenuta dei bilanci, con il 28% delle imprese cooperative che già adesso denuncia crolli di fatturato mentre una fetta altrettanto importante di realtà attive nel sociale e nella produzione lavoro ha problemi di liquidità e la minaccia di crisi e fallimento non è così remota. In uno scenario drammatico come questo – sottolinea Uecoop – è necessario attivare al più presto il piano di rilancio con tutte le risorse disponibili incrementando i fondi statali per assicurare la liquidità a comuni, province e regioni, abbreviando ancora di più i tempi di pagamento della Pubblica Amministrazione. Per la competitività delle imprese e per una vera ripartenza del Paese è strategico, secondo l'Unione Europea delle cooperative, anche alleggerire il carico burocratico che per il 44% delle imprese è un freno alla propria attività e quindi una zavorra per la reattività del sistema produttivo. Segnali davvero preoccupanti giungono anche dal comparto turistico. Pesano, infatti, sui dati estivi relativi all'occupazione, ma anche sulle proiezioni per l'autunno legate al mondo del lavoro, le evidenti difficoltà del sistema turistico che si è trovato a fronteggiare un calo del 23% degli italiani in vacanza a luglio per effetto dell’emergenza Covid. E’ quanto emerge da una analisi elaborata da Ixè sui dati turistici Istat che a luglio evidenziano il crollo degli italiani in vacanza, appena 13,5 milioni, ma anche la contrazione della spesa dei villeggianti che si è ridotta ad appena 588 euro a persona (-25%) per effetto di ferie più brevi, meno lontane e dedicate soprattutto al relax familiare. Alla riduzione della spesa degli italiani si aggiunge una estate praticamente senza stranieri in vacanza nel Belpaese a causa dalle preoccupazioni crescenti e dei vincoli alle frontiere resi necessari per affrontate l’emergenza sanitaria. Una situazione che ha pesato soprattutto sulle città d’arte che risentono maggiormente della loro mancanza. L'assenza dei turisti dall'estero, solitamente molto attenti alla qualità dell’alimentazione per la quale destinano una quota elevata della spesa durante la vacanza, ha avuto un impatto rilevante in termini occupazionali sulle attività di ristoranti, bar e agriturismi, oltre che sugli acquisti diretti di prodotti agroalimentari. Secondo una stima della Coldiretti, infatti, circa 1/3 del budget delle vacanze è destinato proprio al cibo per consumi diretti o per l’acquisto di 'souvenir' enogastronomici. In gioco c’è un sistema turistico Made in Italy che si compone di 612mila imprese con oltre 700 mila unità locali e rappresenta il 10,1% del sistema produttivo nazionale, superando il settore manifatturiero, con 2,7 milioni di lavoratori, il 12,6% dell’occupazione nazionale secondo Unioncamere.