La legge fallimentare del 1942, aggiornata ° seguito del recentissimo “Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza” (di seguito Codice della crisi), disciplina il reato di bancarotta. In particolare, essa stabilisce che la bancarotta semplice per operazioni di pura sorte può essere contestata a categorie di persone ben precise. Si tratta degli amministratori, dei direttori generali, dei sindaci e dei liquidatori di società fallite.
In questo articolo spiegheremo quali sono i due tipi di bancarotta e le pene previste per questo reato. Successivamente, presenteremo le contestazioni per le operazioni di pura sorte. Si tratta di uno dei motivi per cui si può incorrere in questo tipo di reato.
Che cos'è la bancarotta?
Per bancarotta si intende una ipotesi di reato legato alla crisi di impresa e consistente nella dissimulazione delle proprie disponibilità economiche reali ovvero di destabilizzazione del proprio patrimonio, diretto a realizzare un’'insolvenza – anche fittizia – nei confronti dei creditori.. Uno degli aspetti innovativi – derivanti dalla novella di cui al Codice della Crisi – è la sostituzione del concetto di “fallimento” e “fallito” sostituito da quello di “liquidazione giudiziale” anche nelle norme aventi carattere di disposizione penale.
Anzitutto occorre premettere che la bancarotta può essere:
- Propria
- Impropria
A seconda che la bancarotta semplice o fraudolenta (di cui si dirà nel prosieguo) sia commessa da un imprenditore individuale fallito (primo caso) o da un soggetto diverso da colui che è sottoposto alla procedura concorsuale (secondo caso).
Esistono due tipi di bancarotta:
- semplice;
- fraudolenta.
Ci concentreremo principalmente sulla prima categoria, poiché è quella in cui rientrano le operazioni di pura sorte.
La bancarotta semplice
Secondo l'articolo 323 co.1 del Codice della Crisi di impresa e dell’insolvenza, la bancarotta semplice avviene quando l'imprenditore:
- ha speso troppi soldi per spese a carattere personale o per la propria famiglia;
- la maggior parte del suo patrimonio è stata consumata per operazioni di pura sorte o manifestatamente imprudenti, (che approfondiremo in seguito);
- ha compiuto operazione di grave imprudenza aventi come scopo quello di ritardare l’apertura della liquidazione giudiziale;
- ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione di apertura della propria liquidazione giudiziale o con altra grave colpa;
- è venuto meno alle obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o liquidatorio giudiziale.
In merito all’elemento psicologico del reato, è indifferente che il fatto sia commesso con dolo o con colpa, anche se si registrano orientamenti contrastanti in giurisprudenza. L’ultimo punto introduce insieme al secondo comma dell’articolo 323 CCI ipotesi di bancarotta semplice documentale. Il secondo comma della norma in commento, infatti, prevede la fattispecie di bancarotta semplice documentale, punendo con il medesimo trattamento sanzionatorio previsto per la bancarotta semplice patrimoniale, l'imprenditore in liquidazione giudiziale che, durante i tre anni antecedenti alla dichiarazione di liquidazione giudiziale, ovvero dall’inizio dell’impresa, se questa abbia avuto una durata minore, non abbia tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge ovvero li abbia tenuti in maniera irregolare o incompleta.
La bancarotta fraudolenta
Il nuovo Codice della Crisi, disciplina al’art.322 il reato di bancarotta fraudolenta, la quale si verifica ogniqualvolta l’imprenditore:
- distragga, occulti, dissimuli, distrugga o dissipi in tutto od in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, esponga o riconosca passività inesistenti;
- sottragga, distrugga o falsifichi, in tutto od in parte con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li tanga in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari. Caratteristica comune alle due ipotesi sopra riportate è rappresentata da una volontà specifica, da un intento fraudolento, dell’imprenditore per sottrarsi ai propri obblighi.
Qual è la pena per la bancarotta semplice?
La bancarotta semplice prevede una pena di reclusione che va dai sei mesi ai due anni. Quella fraudolenta invece prevede la reclusione dai tre ai 10 anni. Nel caso della bancarotta semplice, esistono anche le pene accessorie, che sono: • l'inabilitazione a un esercizio commerciale; • l'incapacità a dirigere un'impresa per un massimo di due anni.
La pena prevista per la bancarotta semplice è dunque più lieve di quella per la bancarotta fraudolenta. Ciò è dovuto al fatto che questo tipo di bancarotta è causato da un'imprudenza dell'imprenditore, e non alla reale intenzione di creare un danno.
La bancarotta semplice per le operazioni di pura sorte
La lettera b) dell’art.323 del Codice della crisi disciplina le operazioni di pura sorte. Le operazioni di pura sorte riducono notevolmente il patrimonio di chi le compie, mettendo a rischio anche i creditori della società stessa. Si tratta di operazioni imprudenti, caratterizzate da un forte rischio finanziario e/o economico. Ad esempio, questo rischio può essere dovuto alle variazioni del prezzo di mercato di un bene.
Dunque, a che cosa si riferisce il nome "pura sorte"? Questo termine, infatti, non fa riferimento al gioco d'azzardo. Piuttosto, è riferito ad attività rischiose. Questo significa che il risultato delle operazioni compiute non può essere previsto dall'imprenditore o dalla società.
La contestazione delle operazioni di pura sorte
La bancarotta semplice per le operazioni di pura sorte può essere contestata a un imprenditore per due motivi principali: • ha commesso uno dei fatti indicati all'articolo 323 lett.b) del Codice della Crisi; . L'articolo 330 Codice della Crisi stabilisce che le operazioni di pura sorte – con conseguente applicazione della pena prevista - possono essere contestate alle seguenti categorie di persone: • gli amministratori; • i direttori generali; • i sindaci; • i liquidatori di società dichiarata in liquidazione giudiziale.
Gli amministratori
In una società, l'amministratore si occupa della gestione degli affari sociali. Egli rappresenta l'intera società all'esterno. Inoltre, egli è responsabile delle proprie scelte nei confronti della società. L'amministratore può essere un socio nelle società di persone, oppure può essere una figura esterna nominata dall'assemblea di soci nelle società di capitali.
I direttori generali
Si tratta di figure professionali di alto livello. Essi hanno un ampio potere decisionale e sono dei dipendenti della società. I direttori generali sono sottoposti al controllo degli amministratori. Si occupano della gestione della società e prendono le decisioni.
I sindaci di una società
Si tratta dei membri del collegio sindacale. Il collegio ha diversi compiti, tra cui controllare: • l'attività degli amministratori; • la gestione della società; • i libri contabili; • il bilancio.
I liquidatori di una società in liquidazione giudiziale
Quest'ultima categoria, infine, si occupa della liquidazione della società. Ad esempio, i liquidatori di una società pagano i debitori e riscuotono i crediti. Redigono il bilancio finale della liquidazione. Infine, se c'è ancora del capitale della società disponibile, lo ripartiscono tra i soci.