La società, nata nel 2006, è specializzata nella movimentazione e nello stoccaggio di prodotti agroalimentari.
Il Reefer era nato con l'ambizione di diventare polo unico in Italia per la logistica della frutta fresca, La compagnia, dopo aver presentato il Reefer come punta di diamante, il 20 agosto scorso è stata costretta a portare i libri della sua controllata in tribunale.
Il tentativo di evitare il fallimento
E’ stato, dunque, chiesto il concordato ex articolo 161 comma 6 della legge fallimentare: in questo modo si permette all’imprenditore in crisi che avvia immediatamente la procedura, di mantenere la gestione dell'impresa, e allo stesso tempo che abbia sei mesi per predisporre un nuovo piano industriale e finanziario, portandolo direttamente a negoziare con i vari soggetti coinvolti, soci, banche, fornitori e lavoratori. I creditori, dal canto loro, non possano avviare azioni esecutive o cautelari sui beni del debitore.
La necessità di rimborsare i finanziamenti
L’aspetto più difficoltoso della questione Reefer, riguarda la necessità di rimborsare i finanziamenti che gli istituti di credito hanno dato, ma il vero problema è all’interno di un sistema che non è mai andato bene, non tamponando le rate di un leasing esorbitante. L'ottobre scorso la società aveva chiesto e ottenuto una moratoria, sospendendo per dodici mesi dal pagamento della quota capitale. Al 31 dicembre 2013 il valore residuo da ammortizzare era di 24 milioni e 946mila euro, equivale al costo del terminal. Ci sono poi i 3,5 milioni di debiti a cui far fronte. “I leasing accesi hanno la garanzia da parte della Compagnia, il che rappresenta un elemento di sicurezza per gli istituti di credito - conferma Raugei -. Alla scadenza della moratoria, tra l'altro, chiederemo di prolungare la sospensione e in questo senso siamo fiduciosi che ci verrà accordata. Diversa era invece la situazione con i piccoli creditori, davanti alla quale, anche considerando il calo del fatturato del 2014 e il conto economico preoccupante, abbiamo deciso di presentare la domanda di preconcordato”.
La fase della cassa integrazione
Del Monte e Dole hanno interrotto il rapporto con Livorno: “Per motivi commerciali – spiega Raugei - hanno cambiato il porto di scalo dei propri contenitori, il che ci ha costretti ad attuare immediate iniziative per ridurre le voci di costo, comprese quelle del personale”. La prima mossa concerne la richiesta della cassa integrazione ordinaria a rotazione per i 18 dipendenti, che è iniziata il 10 marzo. L'ammortizzatore sociale, da solo, non era sufficiente, davanti ad un bilancio che nell'anno migliore della vita di Reefer - il 2013 – c’era stato un attivo pari a più 214.527 euro grazie ad un milione e 293mila euro inseriti alla voce ricavi e derivanti da un risarcimento danni della stessa Dole. E’ sufficiente una semplice sottrazione per capire che senza quel milione e rotti, anche nell'anno d’oro di Reefer, ci sarebbe stato un altro calo dopo la perdita di 2 milioni e 165mila euro ingoiata nel 2012.
Il piano industriale presentato per la Reefer
“I positivi risultati complessivi del bilancio 2013, fortemente contaminati da componenti di ricavi non strettamente legati a traffici commerciali ed attività operative effettivamente svolte dal terminal, evidenziano per il futuro l'incapacità della società di poter gestire un sostanziale equilibrio economico e finanziario”, ha spiegato il revisore dei conti Giampaolo Scalabrella a commento del bilancio 2013. E tale previsione è stata azzeccata. Scalabrella rispetto alla contrazione dei volumi aveva spiegato che la continuità aziendale futura poteva essere garantita solo esclusivamente con un “intervento incisivo e tempestivo di rivisitazione del piano industriale societario”.
L’analisi del revisore apriva di fatto la fase della vita del Reefer. E’ stata riproposta la domanda che da almeno due, tre anni era nella testa dei vertici della Compagnia e per la quale bisognerà andare alla ricerca di una soluzione.
L'idea però è già pronta ed è diretta a sfruttare gli infiniti spazi del terminal con le merci dry bulk, cioè le rinfuse solide, e metterlo a servizio anche delle altre società della Compagnia. “L'obiettivo è ottenere dalle cosiddette merci dry, dai forestali ai metalli, quella parte di fatturato che non riusciamo ad avere dalla frutta a temperatura controllata”, spiega Raugei. Scendendo poi nello specifico: “Come gruppo ci siamo spesso trovati a rivolgerci fuori, alla ricerca di magazzini per lo stoccaggio di cellulosa e altre merceologie. Bene, se ci organizziamo per gestire le merci sfruttando gli spazi del Reefer, tutto rimarrà in casa”.
Il modo per cercare di salvare il terminal ortofrutta, dunque, è il cedere completamente il reparto dell’ortofrutta.