Fallimento

Chiusura del fallimento ex art. 118 L.F.


Il fallimento è una procedura concorsuale che si applica, ai sensi dell’articolo 5 della Legge Fallimentare, all’'imprenditore che si trova in stato d'insolvenza. In particolare, può essere dichiarato fallito soltanto quell’imprenditore che non sia “più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni”. Di norma, la procedura concorsuale si conclude con l’emanazione della sentenza dichiarativa di fallimento e con l’accertamento del passivo, la conseguente distribuzione dell'attivo ed il pagamento, rendiconto e ripartizione finale del ricavato tra i diversi creditori. Vi sono, però, alcuni eventi ed alcune circostanze che causano la conclusione della procedura fallimentare. Tali circostanze sono disciplinate dal capo VIII della Legge Fallimentare relativa alla chiusura della procedura fallimentare de quo. Nel nostro articolo esamineremo in maniera approfondita le circostanze previste dalla Legge che conducono alla conclusione de quo del fallimento.

La chiusura della procedura fallimentare

L’articolo 118 della Legge Fallimentare individua diverse cause e circostanze da cui può conseguire la conclusione della procedura fallimentare. In particolare, stabilisce l’articolo 118 L.F. che la procedura di fallimento si conclude:

1) se nel termine stabilito nella sentenza dichiarativa di fallimento non sono state proposte domande di ammissione al passivo; 

2) quando, anche prima che sia compiuta la ripartizione finale dell'attivo, le ripartizioni ai creditori raggiungono l'intero ammontare dei crediti ammessi, o questi sono in altro modo estinti e sono pagati tutti i debiti e le spese da soddisfare in prededuzione; 

3) quando è compiuta la ripartizione finale dell'attivo;” Dunque, la procedura fallimentare si conclude nel caso i creditori dell’imprenditore non presentino le domande di ammissione al passivo nel termine previsto. Ancora, si conclude quando – anche prima che sia effettuata la ripartizione finale dell’attivo – sia stato raggiunto l’intero ammontare dei crediti ammessi mediante la ripartizione delle somme ai creditori.

La procedura fallimentare si conclude anche nel caso in cui siano estinti tutti i crediti ammessi al passivo e, contestualmente, siano stati saldati tutti i debiti e le spese. L’articolo 118 L.F., stalisce, poi, che la procedura fallimentare può concludersi:

4) quando nel corso della procedura si accerta che la sua prosecuzione non consente di soddisfare, neppure in parte, i creditori concorsuali, né i crediti prededucibili e le spese di procedura. Tale circostanza può essere, accertata con la relazione o con i successivi rapporti riepilogativi di cui all’articolo 33.

Quella prevista dal comma 4 dell’articolo 118 L.F. è, come si potrà facilmente intuire, l’ipotesi opposta rispetto alle prime tre prevista dalla Legge. In questo caso, infatti, la procedura fallimentare si conclude quando viene accertato che la sua prosecuzione sarebbe “inutile” ovvero non idonea a soddisfare – neppure parzialmente – i creditori concorsuali, le spese di procedura ed i crediti prededucibili.

Gli effetti della chiusura del fallimento ex art. 118 L.F.

Nel momento in cui si verifica anche solo uno degli eventi previsti dall’articolo 118 L.F. e a patto che si tratti di fallimento di una società, il curatore deve chiederne la cancellazione dal registro delle imprese. Come precisa, poi, l’ultimo comma dell’art. 118 L.F., la chiusura della procedura di fallimento a carico della società determina anche la conclusione della procedura fallimentare che era stata estesa ai soci, secondo quanto previsto dall’articolo 147 L.F.. Ciò salvo il caso in cui, nei confronti del socio, non sia stata intrapresa una procedura di fallimento come imprenditore individuale. La chiusura del fallimento determina la cessazione, ex articolo 120 L.F., degli “effetti del fallimento sul patrimonio del fallito e le conseguenti incapacità personali”. Inoltre decadono anche gli organi preposti alla procedura.

Nello stesso tempo, i singoli creditori potranno proporre singoli azioni verso il debitore per ottenere il soddisfacimento della parte di credito non soddisfatta. Infine, le eventuali azioni esercitate dal curatore per l'esercizio di diritti derivanti dal fallimento non potranno essere più proseguite.

La dichiarazione di chiusura del fallimento

Stabilisce l’articolo 119 della Legge Fallimentare che la conclusione e la chiusura del fallimento è dichiarata dal Tribunale con decreto motivato. Tale decreto viene emesso su istanza del debitore, del curatore oppure di ufficio. Nel caso in cui il decreto di chiusura del fallimento sia emesso prima dell’approvazione del programma di liquidazione, il Tribunale potrà decidere soltanto dopo aver sentito il fallito ed il comitato dei creditori.

Il decreto di chiusura del fallimento: l’impugnazione

Il decreto con cui il Tribunale dichiara chiuso il fallimento (o che ne respinge la richiesta), può essere impugnato mediante reclamo da presentare dinanzi alla corte d’appello. L’impugnazione, in particolare, deve essere proposta – ai sensi dell'art. 26 L.F.- entro 10 giorni dall’avvenuta comunicazione o notificazione.


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