Fallimento

Cessione di credito e opponibilità al fallimento


C’era stata una domanda di insinuazione al passivo del fallimento del debitore ceduto proposta dal cessionario del credito.
Si costituiva la curatela eccependo che la cessione non era stata notificata al debitore, né da questi era stata accettata prima della dichiarazione di fallimento. Di conseguenza, il credito avrebbe dovuto essere escluso dal passivo, giacchè la cessione non aveva data certa anteriore ai sensi dell’art. 45 l.f., secondo quanto accordato dalla giurisprudenza di merito.
Al fallimento del debitore ceduto sarebbero, dunque, opponibili le sole cessioni del creditore notificate o accettate con atto di data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento, ai sensi degli art. 2914 n. 2 c.c. e 45 l.fall.; ne discende che in caso di notifica avvenuta successivamente a ciò il credito non possa essere ammesso al passivo fallimentare.

Il Tribunale è andato contro tale tesi

Per il Tribunale di Torino l’art. 2914 n. 2 concerne il pignoramento che ha per oggetto un credito di appartenenza al debitore esecutato, il quale prevede che la cessione del credito stesso non abbia alcun effetto pregiudizievole per il pignorante, se non venga notificata al debitore ceduto o da questi accettata con atto avente data certa anteriore al pignoramento.
A sua volta, l’art. 45 l.f. prevede l’inefficacia rispetto ai creditori delle “formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi, se compiute dopo la dichiarazione di fallimento”, espande la portata dell’art. 2914 n. 2 c.c. alla materia fallimentare, andando a regolare allo stesso modo il conflitto tra la massa dei creditori del cedente e il cessionario, che ha ad oggetto l’appartenenza al fallimento oppure al terzo cessionario di un bene del fallito.
L’una e l’altra norma concernono, dunque, il fallimento dichiarato nei confronti del cedente e non possono applicarsi all’ipotesi in cui il fallito sia debitore ceduto.
La maggiore giurisprudenza dice a proposito di ciò che l’art. 45 l.fall. e l’inopponibilità ivi prevista concerne solo gli atti di disposizione suscettibili di poter porre in essere un pregiudizio al fallimento.

Il requisito della data certa anteriore

Per il Tribunale non sarebbe altresì pertinente il requisito della data certa antecedente (art. 2704 c.c.) quale condizione necessaria per l’opponibilità al fallimento della scrittura privata di cessione. La legge fallimentare ha concesso espressamente la possibilità di rendersi cessionari di crediti nei confronti del fallito successivamente alla dichiarazione di fallimento.
La norma  conferma l’efficacia della cessione del credito vantato nei confronti del fallito, sebbene il trasferimento sia avvenuto dopo la dichiarazione di fallimento ed esclude la compensazione.
La cessionaria non aveva eccepito alcuna compensazione e il credito della cedente era già scaduto alla data di fallimento . Per tali motivi il Tribunale ha sostenuto che la data certa ex art. 2704 c.c. non fosse rilevante in subiecta materia, giacchè la cessione poteba intervenire con pari efficacia anche successivamente al fallimento.

L’argomentazione sull’art. 115 l.f.

In base ai giudici torinesi, l’art. 115 l.fall. (testo oggi vigente), ammette la modifica dello stato passivo con sostituzione del cessionario al cedente se la cessione risulti da “atto recante le sottoscrizioni autenticate di cedente e cessionario”, da ciò si potrebbe dire  che la cessione priva di data certa anteriore al fallimento debba gioco forza ritenersi ad esso successiva e quindi, a pena di inefficacia, si debba coprire della forma autentica prescritta dall’art. 115.
In realtà, il Tribunale, avrebbe ben ragione nel dire che:-l’art. 115 rappresenti conclusivamente una mera semplificazione del procedimento di rettifica dello stato passivo e non prescriva un onere di forma (scrittura privata autenticata) per l’efficacia e/o opponibilità della cessione di credito successiva al fallimento (o anteriore, ma sfornita di data certa).-.

Quando la cessione di credito è efficace

La cessione di credito è efficace sebbene non notificata al debitore fallito né da questo accettata anteriormente al fallimento.
E di fatti, nella motivazione della pronuncia in commento, viene spiegato che (riprendendo la sentenza):

  1. il contratto di cessione di credito ha natura consensuale; perciò “il suo perfezionamento consegue al solo scambio del consenso tra cedente e cessionario, il quale attribuisce a quest’ultimo la veste di creditore esclusivo, unico legittimato a pretendere la prestazione (anche in via esecutiva), pur se sia mancata la notificazione prevista dall’art. 1264 c.c.” o la pressoché equipollente sul piano effettuale accettazione del debitore ceduto
  2. a sua volta, la notificazione “è necessaria al solo fine di escludere l’efficacia liberatoria del pagamento eventualmente effettuato in buona fede dal debitore ceduto al cedente anziché al cessionario, nonché, in caso di cessioni diacroniche del medesimo credito, per risolvere il conflitto tra più cessionari, trovando applicazione in tal caso il principio della priorità temporale riconosciuta al primo notificante”

Ora, possiamo dire che i conflitti (tra pluralità di cessionari o tra cessionario e fallimento del cedente) possono teoricamente manifestarsi anche riguardo alla cessione di credito nei confronti di un soggetto fallito, non sembra essere chiarissimo che:

  • la domanda di insinuazione al passivo ha lo stesso valore della notifica della cessione e dunque, perfeziona, anche nei confronti del debitore ceduto, la legittimazione del cessionario;
  • la domanda di insinuazione al passivo avvenuta attraverso deposito in cancelleria o trasmissione a mezzo PEC, è pari notifica della cessione assistita da data certa agli effetti della risoluzione dei conflitti anzidetti.

Dunque, il curatore, non deve solo eccepire la mancanza di data certa della cessione, ma deve contestare, in modo non generico, l’esistenza del credito originario e/o l’esistenza e validità del negozio di cessione.
Il credito, dunque, non poteva essere ammesso.