Bancarotta

Bancarotta fraudolenta impropria: soggetti attivi e nesso eziologico


Il nostro ordinamento giuridico prevede due tipologie di bancarotta: la bancarotta semplice che è causata da una “imprudenza imprenditoriale” mentre la bancarotta fraudolenta che è cagionata con dolo allo scopo di aggravare l’insolvenza dell’impresa nascondendo le reali disponibilità economiche per non soddisfare le aspettative dei creditori.

La bancarotta fraudolenta impropria

Ma il nostro ordinamento conosce un’ulteriore fattispecie di bancarotta, quella “impropria”. In particolare, tale fattispecie delittuosa si concretizza ogni volta che il reato fallimentare sopra descritto è realizzato da un soggetto diverso dall’imprenditore. La bancarotta fraudolenta impropria, infatti, può essere posta in essere da amministratori, direttori generali, liquidatori di società in fallimento e sindaci. E’ l’art. 223 Legge Fallimentare che disciplina la fattispecie delittuosa della bancarotta fraudolenta impropria. In particolare, la citata norma stabilisce l’applicazione ad alcune tipologie di soggetti della pena prevista dall’art. 216 comma 1 L.F. per il reato di bancarotta fraudolenta. L’art. 223 L.F. rubricato “fatti di bancarotta fraudolenta” specifica le condotte che integrano il reato. La norma stabilisce: “Si applicano le pene stabilite nell'art. 216 agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate fallite, i quali hanno commesso alcuno dei fatti preveduti nel suddetto articolo. Si applica alle persone suddette la pena prevista dal primo comma dell'art. 216, se: 1) hanno cagionato, o concorso a cagionare, il dissesto della società, commettendo alcuno dei fatti previsti dagli articoli 2621, 2622, 2626, 2627, 2628, 2629, 2632, 2633 e 2634 del codice civile. 2) hanno cagionato con dolo o per effetto di operazioni dolose il fallimento della società. Si applica altresì in ogni caso la disposizione dell'ultimo comma dell'art. 216.” Bancarotta fraudolenta impropria: i soggetti attivi del reato Il reato disciplinato e previsto dall’art. 223 L.Fall. è un reato proprio di danno in cui l’evento dannoso è caratterizzato dal dissesto della società ed è cagionato dalla condotta tenuta da amministratori, liquidatori di società, direttori generali e sindaci.

Ma chi sono, nello specifico, i soggetti attivi del reato di “bancarotta fraudolenta impropria”?

  • amministratori: sono i titolari di specifici poteri di organizzazione, controllo e gestione di beni e servizi inerenti all’attività economica della società;
  • direttori generali che hanno poteri molto simili a quelli degli amministratori ma sono legati alla società da un rapporto di dipendenza;
  • sindaci: sono coloro che compongono il collegio sindacale. Essi hanno importanti poteri di vigilanza e di controllo sulla gestione della società;
  • liquidatori: essi svolgono le funzioni tipiche degli amministratori durante la fase di liquidazione della società.

Bancarotta fraudolenta impropria: il nesso eziologico tra l’illecito societario e il dissesto della società

Per essere integrato, il reato di bancarotta fraudolenta impropria, necessita che i fatti integranti la fattispecie delittuosa abbiano contribuito a cagionare il dissesto della società. Lo stabilisce l’art. 223 comma 2° L. Fall. E’ infatti l’insolvenza dell’impresa ad essere pregiudizievole degli interessi dei creditori.

Ma cosa si intende per “dissesto della società”?

Parte della dottrina e della giurisprudenza ritengono che la definizione debba essere individuata nell’art. 5 comma 2° della Legge Fallimentare che stabilisce: “lo stato di insolvenza si manifesta con inadempimenti od altri fattori esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni”. A ben vedere, dunque, il dissesto si verifica nel momento in cui vi è un evidente e palese squilibrio tra le passività e le attività dell’impresa che, tra l’altro, sono presupposto per la dichiarazione di fallimento. Secondo parte della dottrina, inoltre, la dichiarazione di fallimento avrebbe una propria autonoma funzione di condizione di punibilità. Ciò significa che, per essere integrato il reato di “bancarotta fraudolenta impropria” è necessaria la sussistenza di tre elementi:

  1. dissesto dell’impresa;
  2. condotta illecita posta in essere dai soggetti prima menzionati;
  3. dichiarazione di fallimento.

Dovrà allora sussistere il nesso eziologico tra la commissione del reato societario e la dichiarazione di fallimento? La risposta a tale interrogativo ci giunge in seguito alla riforma del 2001 quando il reato di bancarotta fraudolenta è stato definito e costruito come “reato di evento” e non più come “reato societario”. Ciò vuol dire che il tra il comma 1 e il comma 2 dell’art. 223 L.F. vi è ormai un rapporto di specialità: la seconda disposizione è generale rispetto alla prima.

Bancarotta fraudolenta impropria: l’elemento soggettivo (il dolo)

Oltre al nesso eziologico tra illecito societario e dissesto, tale fattispecie delittuosa necessita – per essere integrata – del dolo ovvero della coscienza e volontà di causare l’evento del dissesto. La dottrina e la giurisprudenza sono concordi nel ritenere che il dolo nel retao di bancarota fraudolenta impropria debba essere anche solo eventuale. E’ dunque sufficiente che il reo sia consapevole dell’incidenza che il reato societario avrà sul dissesto economico e patrimoniale della società.


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