Bancarotta

Bancarotta fraudolenta, a rischio anche i consulenti dell'imprenditore


Non è solamente l'imprenditore o l'amministratore societario ad essere perseguibile per il reato di bancarotta. Il concorso può infatti essere attribuito a quei professionisti, consulenti dell'imprenditore o dell'amministratore, che forniscono suggerimenti sulle possibili strategie da adottare per poter sottrarre ai creditori i beni della società in crisi.

La pronuncia della Cassazione

L'orientamento - oramai piuttosto consolidato in giurisprudenza - è stato sottolineato con particolare chiarezza nella sentenza Cass. 39988/2012, recentemente commentata dal quotidiano Il Sole 24 Ore. Secondo la Corte Suprema, in particolar modo, nell'ipotesi in cui i professionisti forniscano dei consigli in tal senso, o agevolino l'operato distrattivo dell'imprenditore in crisi, potrebbe essere configurabile in capo agli stessi consulenti il reato di concorso in bancarotta fraudolenta. Il caso esaminato dalla pronuncia sopra indicata è relativo al fallimento di una società a responsabilità limitata dichiarata dal Tribunale, in relazione al quale era stato contestato il delitto di bancarotta fraudolenta ad amministratori reali e di fatto, oltre che al commercialista e al liquidatore della società. In secondo grado, la Corte d'Appello aveva confermato la decisione del Tribunale. Ed in contrapposizione a tale giudizio, i consulenti avevano presentato ricorso in Cassazione per mancanza di motivazione, in relazione al contributo che era stato concretamente fornito alla distrazione messa in atto, e per erronea applicazione dell'art. 216 l.f., che delinea i presupposti fondamentali del reato di bancarotta.

Quando si può manifestare il concorso in bancarotta

Tuttavia, la Cassazione ha rigettato i ricorsi ed ha confermato la responsabiltià in capo ai professionisti coinvolti nella fattispecie. Per i giudici, in maniera ancora più trasparente, sarebbero tre le attività che dovrebbero essere messe al bando nell'ipotesi in cui i commercialisti o gli avvocati siano al corrente dei propositi illeciti di imprenditore e amministratori. La prima, fa riferimento all'elaborazione di consigli e suggerimenti che sono rivolti a fruire di strumenti giuridici per poter abbattere la massa attiva fallimentare, sottraendo di fatto la disponibilità ai creditori e a tutti gli stakeholders. La seconda, è relativa all'assistenza nella stesura di contratti e di negoziati che sono finalizzati a configurare delle azioni illecite. La terza, è relativa alla messa in atto di attività dirette a garantire la mancata punibilità dell'assistito o destinate a rafforzare i propositi criminosi del cliente. Pertanto, sulla base di tale evidenza, e di altre precedenti pronunce sul tema, appare evidente come il consulente possa essere chiamato a rispondere in concorso per il reato di bancarotta fraudolenta se provvede a porre in essere dei comportamenti come, ad esempio, la cancellazione della società dal Registro delle Imprese (e perfino su incarico da parte dell'amministratore), in presenza di debiti insoluti, per il solo fine di sfuggire a un'eventuale richiesta di fallimento da parte dei creditori. Un'opinione, quella della consolidata giurisprudenza, che si poggia sull'evidenza che al giorno d'oggi il ruolo del professionista è divenuto vitale nella gestione delle crisi di impresa e dell'intero sistema economico, e dunque è fondamentale che tale professionista (commercialista, avvocato, ecc.) mantenga un comportamento pienamente rivolto alla legalità dell'operato dei clienti assistiti, al fine di assicurare il rispetto dei terzi creditori.


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