Revocatoria Fallimentare

Azione revocatoria: disciplina e atti non assoggettabili


L’azione revocatoria prevede  rende inefficaci gli atti da questi compiuti nel periodo antecedente all'emanazione della sentenza dichiarativa di fallimento perchè posti in essere in palese violazione con il principio della par condicio credito rum. Ma non tutti gli atti possono essere assoggettati a tale azione.

Prosegue la nostra disamina dell'interessante istituto giuridico della revocatoria fallimentare. Essa è uno strumento molto importante per i creditori del fallito poichè rende inefficaci gli atti da questi compiuti nel periodo antecedente all'emanazione della sentenza dichiarativa di fallimento perchè posti in essere in palese violazione con il principio della par condicio creditorum. Abbiamo esaminato chi sono i soggetti legittimati ad esperire l'azione revocatoria e, infine, abbiamo verificato quali atti possono essere assoggettati a revocatoria fallimentare. Essi sono gli atti a titolo gratuito, atti a titolo oneroso, i pagamenti oppure i pagamenti e le garanzie ex art. 67 Legge Fallimentare. Tali atti sono assoggettabili a "revocatoria ordinaria" che, per essere esercitata, ha bisogno di un presupposto imprescindibile: l'altra parte deve essere a conoscenza dello stato di insolvenza del debitore. Lo stato di insolvenza può essere anche presunto prendendo in considerazione alcuni "indici di insolvenza" come notizie apparse sui giornali oppure protesti. In presenza di questi "indici di insolvenza", la conoscenza non deve essere dimostrata. Si tratta di un importante principio stabilito dalla Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 182/2013. Abbiamo visto che la Legge Fallimentare tipizza gli atti che possono essere assoggettati a revocatoria fallimentare. Di contro, esiste tutta una tipologia di atti che sono sottratti a tale azione.

La revocatoria fallimentare: gli atti non assoggettabili all'azione

La Legge prevede che non possono essere assoggettati alla revocatoria fallimentare tutti gli atti posti in essere dal fallito. Il legislatore della riforma ha infattiaggiunto il comma 3 all'art. 67 per definire quali siano gli atti che assolutamente non possono essere dichiarati inefficaci a seguito di revocatoria. Sono sette le categorie di atti sottratti alla revoca avanzata dal curatore fallimentare:

  1. pagamenti di beni e servizi effettuati dal fallito nell’esercizio dell’attività di impresa nei termini d’uso;
  2. rimesse effettuate su un conto corrente bancario. Esse non devono aver diminuito, in maniera consistente e durevole, "l'esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca";
  3. vendite e preliminari di vendita a giusto prezzo. Tali atti giuridici, per essere sottratti a revocatoria fallimentare, devono avere ad oggetto immobili ad uso abitativo. Tali immobili devono inoltre essere destinati ad abitazione principale dell'acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado, "ovvero quelli destinati a costituire la sede principale dell’impresa dell’acquirente";
  4. atti, pagamenti e garanzie concesse su beni del debitore. Tali atti devono essere stati effettuati per portare ad esecuzione un piano la cui "fattibilità è attestata da un professionista non legato all’impresa, che appaia idoneo a consentire il risanamento dell’esposizione debitoria della stessa e ad assicurarne il riequilibrio finanziario";
  5. atti, pagamenti e garanzie posti in essere "in esecuzione del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata, dell'accordo omologato ai sensi dell'art. 182-bis, nonché posti in essere dopo il deposito del ricorso di cui all'art. 161";
  6. pagamenti - effettuati da dipendenti o altri collaboratori del fallito - a titolo di corrispettivo per prestazioni di lavoro;
  7. pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza per ottenere "la prestazione di servizi strumentali all'accesso alle procedure concorsuali di amministrazione controllata e di concordato preventivo".

La Legge Fallimentare prevede, infine, la non assoggettabili ad azione revocatoria delle esenzioni previste dal 4° comma dell’art. 67 L.F. e relative all’istituto di emissione e per le operazioni di credito, su pegno e fondiario. E' fatto salvo, ovviamente, quanto previsto dalle leggi speciali.

L'azione revocatoria ordinaria: disciplina

L'art. 66 della Legge Fallimentare stabilisce che il curatore  possa esercitare l'azione revocatoria ordinaria. Con questa azione egli chiede che siano dichiarati inefficaci tutti gli atti che il debitore ha compiuto arrecando un grave pregiudizio ai suoi creditori. Tale azione è disciplinata dagli artt. 2901-2904 del codice civile. Pur essendo disciplinata dalcodice civile, l'azione revocatoria è sempre e comunque assoggettata alla "vis attractiva" del Tribunale Fallimentare sia nei confronti del contraente immediato che nei confronti dei suoi avente causa. Tale azione è, comunque, molto più onerosa sotto il profilo probatorio. Dovranno, infatti, essere dimostrati l'eventus damni e la ricorrenza dei presupposti. E' per questo motivo che l'azione revocatoria finisce per essere uno strumento di "ultima ratio", un'azione residuale rispetto all'azione fallimentare. Se invece l'azione revocatoria viene proposta da un creditore prima del fallimento, il curatore vi potrà subentrare. Il creditore verrà estromesso, a pena di improcedibilità dell'azione.


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