In un clima fortemente condizionato dall’effetto Brexit (ovvero, dal risultato determinato dal referendum sull’uscita dall’Unione Europea, che ha sancito la vittoria dei leave), non sembrano esserci state immediate ripercussioni per tutti gli amanti delle aste di oggetti preziosi. E così, la prima asta importante in ordine cronologico ad esser stata organizzata dopo il referendum dello scorso 23 giugno – quella di Phillips, il 27 dello stesso mese – non sembra aver subito alcun riscontro negativo, valutata l’assenza di lotti ritirati, in un contesto nel quale, comunica la casa d’aste, circa i due terzi dei lotti provenivano dall’estero e non erano pertanto valutati in sterline (con conseguente riduzione dei ricavi, determinato dal crollo del tasso di cambio della valuta britannica contro euro e, soprattutto, contro dollaro).
I dati della prima asta post-Brexit
Ancora, sottolinea Phillips, del 31 lotti andati all’asta, circa un terzo è risultato invenduto, ma si è trattato principalmente di lavori dalla quotazione abbastanza bassa. Tanto che, sottolinea ulteriormente la casa d’aste, la percentuale di venduto per valore è salita all’85 per cento, per un controvalore di 11,9 milioni di sterline, contro una stima di circa 10,5 milioni di sterline. Rispetto allo scorso anno, il numero di lotti proposti e il ricavo determinato si sono sensibilmente ridotti, nonostante il catalogo di Phillips possa proporre molti lavori di arte moderna particolarmente apprezzati (e forse più di quelli di arte contemporanea, che fino ad oggi avevano rappresentato il fiore all’occhiello della proposta).
I pezzi aggiudicati
Tra i principali pezzi aggiudicati nell’evento ha spiccato la presenza di una grande tela di Gnoli, risalente al 1969, contesta tra un italiano e un russo, e finita nelle mani di quest’ultimo per ben 965 mila sterline, al di sotto della stima iniziale di 1-1,5 milioni di sterline. Altro pezzo di particolare riferimento nella serata è stato un lavoro decorativo a tinte viola e argento di Rudolf Stingel, conteso a 1,3 milioni di sterline, e un altro lotto dello stesso artista, ma di dimensioni più contenute, aggiudicato a 905 mila sterline. Stesso prezzo per uno specchio di Pistoletto del 1968, rappresentante un cane (ma dalla stima inferiore).
Complessivamente, sottolinea infine Phillips, circa il 30 per cento dei lotti venduti non ha raggiunto la stima bassa prima dell’aggiunta delle commissioni, mentre un altro 30 per cento ha avuto modo di confermare le stime. Dunque, nonostante l’effetto Brexit e l’incertezza relativa, l’arte venduta dalle case d’aste britanniche sembra confermare il grande interesse del momento. E può certamente rappresentare una ghiotta opportunità per quegli investitori che desiderano comprare dei pezzi dal certo valore nel medio lungo termine, approfittando magari della debolezza della sterlina, che invece – di contro – potrebbe dissuadere i venditori a ritirare alcuni lotti, per poterli presentare con più calma nelle successive aste, magari al di fuori di quelle londinesi (New York?).