La revocatoria fallimentare è uno strumento essenziale nell’ambito della procedura fallimentare atto a ricostituire il patrimonio del fallito privando degli effetti alcuni atti posti in essere - violazione del principio della par condicio credito rum - dall’imprenditore prima della dichiarazione di fallimento.
La revocatoria fallimentare: la legittimazione all’esercizio dell’azione
Il curatore fallimentare è il soggetto che è legittimato ad esercitare l’azione revocatoria. Il curatore dovrà proporre la citata azione dinanzi al Tribunale che ha dichiarato il fallimento nel termine di tre anni dalla dichiarazione di fallimento o, comunque, non oltre i cinque anni dal compimento dell’atto. Tali termini andranno rispetti, pena la decadenza dall’esercizio dell’azione. Nel momento in cui il curatore fallimentare esercita l’azione di revocatoria fallimentare, tutti gli atti di disposizione, le garanzie e i pagamenti realizzati dal fallito nell’anno o nei sei mesi prima del fallimento, diventano inefficaci. Ovviamente fatto salvo il caso in cui l’altra parte provi di non essere satto a conoscenza, all’epoca, dello stato di insolvenza in cui versava l’imprenditore. Uno degli effetti dell’azione revocatoria fallimentare è la restituzione – da parte del terzo – dei beni o delle somme ricevute dal debitore. Il terzo, in tal caso, viene ammesso al passivo fallimentare per il recupero del suo credito.
La revocatoria fallimentare: gli atti revocabili
La Legge Fallimentare effettua una distinzione molto precisa degli atti che è possibile revocare con l’azione del curatore. La distinzione è moplto importante poiché, per ogni tipologia di atto, è previsto un diverso regime. In particolare, gli atti revocabili sono: gli atti a titolo gratuito (art. 64 L.F.), i pagamenti (art. 65 L.F.) o gli atti a titolo oneroso, pagamenti e garanzie ex art. 67 L.F. Nel nostro articolo ci occuperemo proprio di quest’ultima categoria.
La revocatoria fallimentare e gli atti a titolo oneroso ex art. 67 L.F.
Stabilisce l’articolo 67 della Legge Fallimentare che “Sono revocati, salvo che l’altra parte provi che non conosceva lo stato d’insolvenza del debitore”. Tali atti, per essere revocati, dovranno essere stati compiuti dall’imprenditore nell’anno o nei sei mesi anteriori al fallimento. A seguire l’elenco degli atti a titolo oneroso ex art. 67 L.F.:
- atti a titolo oneroso compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è stato dato o promesso;
- gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento;
- pegni, anticresi e ipoteche volontarie costituiti per debiti preesistenti non scaduti;
- pegni, anticresi e ipoteche giudiziali o volontarie costituiti per debiti scaduti.
Il 2° comma dell’articolo 67 della Legge Fallimentare stabilisce, inoltre, che sono revocati anche “i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, anche di terzi, contestualmente creati, se compiuti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento”. La revoca, in questo caso, è subordinata alla prova – che deve essere fornita dal curatore fallimentare – che l’altra parte era a conoscenza dello stato di insolvenza del debitore. E’ bene sottolineare che il presupposto soggettivo dell’azione di revocatoria fallimentare per tutti gli atti elencati dall’articolo 67 L.F. è rappresentato dalla conoscenza dell’altra parte dello stato di insolvenza del debitore. Tale prova, secondo recente Giurisprudenza, può essere desunta e presunta anche da particolari “indici di insolvenza” come notizie sui giornali, eventuali protesti a carico del debitore.
L’art. 67 L.F. e gli atti sottratti alla revocatoria fallimentare
La citata norma esclude dall’esercizio della revocatoria fallimentare alcune tipologie di atti. Stabilisce l’articolo 67 della Legge Fallimentare che sono sottratti alla revoca:
- "i pagamenti di beni e servizi che il debitore abbia effettuato nell’ambito dell’esercizio dell’impresa e nei termini d’uso;
- le rimesse effettuate su un conto corrente bancario ovviamente a patto che esse non abbiano ridotto considerevolmente l’esposizione debitoria del fallito verso la banca;
- le vendite e preliminari di vendita a giusto prezzo aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo, “destinati a costituire l'abitazione principale dell'acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado, ovvero quelli destinati a costituire la sede principale dell’impresa dell’acquirente;
- tutti gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore realizzati in esecuzione di un piano “purché posti in essere in esecuzione di un piano, la cui fattibilità è attestata da un professionista non legato all’impresa, che appaia idoneo a consentire il risanamento dell’esposizione debitoria della stessa e ad assicurarne il riequilibrio finanziario;
- gli atti, i pagamenti e le garanzie poste in essere in esecuzione del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata, dell'accordo omologato ai sensi dell'art. 182-bis, nonché posti in essere dopo il deposito del ricorso di cui all'art. 161;
- i pagamenti dei corrispettivi per prestazioni di lavoro effettuate da dipendenti ed altri collaboratori, anche non subordinati, del fallito;
- pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all'accesso alle procedure concorsuali di amministrazione controllata e di concordato preventivo.”