Crisi Aziendali

Arbos vicina al crac e tornano a tremare anche i 210 lavoratori della 'gemella' Goldoni


Arbos, l'azienda di Carpi controllata dalla cinese Lovol, come la 'gemella' Goldoni, rischia seriamente il crac. La gestione fallimentare della proprietà asiatica, che 5 anni fa aveva rilevato il gruppo fondato nel 1926 da Celestino Goldoni, è finita sotto la lente della procura di Modena che nei giorni scorsi ha presentato un'istanza di fallimento per Arbos, ora al vaglio del Tribunale emiliano. L'istanza in questione potrebbe scatenare un negativo effetto domino trascinando anche Goldoni, il 'braccio operativo' di Arbos, verso quella fine poco gloriosa che ad inizio dell'ottobre scorso, con il via libera al concordato preventivo da parte dei giudici modenesi sembrava quasi scongiurata. Arbos, 30 dipendenti, si occupa della progettazione dei trattori e dei macchinari agricoli che vengono poi costruiti nello stabilimento confinante dai 210 operai della Goldoni. E' stata la stessa azienda, con una mail, a dare notizia del provvedimento assunto dalla Procura e dell'udienza in programma per il 2 dicembre. Pochi giorni dopo, peraltro, ci sarà un'altra scadenza importante, quella del 9 dicembre, data entro la quale il commissario di Goldoni attende proposte serie da parte di potenziali acquirenti. Il tempo, inutile dirlo, stringe e stringe eccome. Tanto anche anche i sindacati sperano che il Tribunale conceda una proroga almeno sino a fine anno. Sinora, infatti, non sarebbero pervenute offerte o comunque manifestazioni d'interesse concrete. "La situazione finanziaria di Arbos - scrive il sindacato Fiom Cgil - società che svolge sostanzialmente compiti di servizio ed ha come unico canale di entrata la casa madre cinese Lovol, che da mesi ha interrotto i finanziamenti dovuti a Arbos come avvenuto per Goldoni, ha determinato anche qui una realtà drammatica". La Fiom chiede "l'immediato pagamento delle retribuzioni e un incontro alla Direzione aziendale, anche propedeutico a quanto stanno attivando le istituzioni locali e regionali, ovvero la richiesta di un tavolo di crisi al Ministero dello Sviluppo Economico». Per la Goldoni, che ora è quindi in regime di concordato, tutte le speranze sono, come detto, nelle mani del commissario giudiziale che ha avviato ricerche volte ad individuare un acquirente che possa rilevare l’azienda e rilanciarne l’attività. Lovol, tramite le competenze di Arbos e Goldoni, produce trattori e macchine agricole hi-tech che rappresentano oggi l'ultima evoluzione di quei pioneristici mezzi da lavoro che Celestino Goldoni iniziò a costruire quasi un secolo fa. Dopo il colpo di scena del 14 settembre scorso, quando la proprietà, ad appena un lustro dall'acquisto del gruppo emiliano, aveva presentato al Tribunale di Modena domanda di concordato liquidatorio, ai primi di ottobre era arrivata l'attesa e positiva svolta. I giudici, alla luce della nuova documentazione e degli impegni assunti dai cinesi avevano dato l'ok ad una proposta di concordato preventivo assicurando quindi all'azienda la continuità operativa. Il tribunale aveva chiesto inoltre alla proprietà cinese di consegnare il marchio e sbloccare i 50 milioni di euro di crediti convocando i creditori per il 21 gennaio 2021. Quella di Goldoni è la seconda grave crisi in meno di 5 anni. Nel 2015, infatti, la proprietà italiana aveva a sua volta presentato domanda di concordato consegnando i libri in Tribunale. L'intervento del gruppo Lovol, controllato dal governo cinese, aveva scongiurato il fallimento. Ma le cose non sono andate come ci si aspettava e questo nonostante investimenti complessivi per più di 100 milioni di euro, tanto che Goldoni nel solo 2019 ha registrato perdite per 20 milioni, il 52 per cento in più rispetto all’anno precedente, a fronte di un fatturato di poco superiore ai 40 milioni di euro.


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