Il 18 giugno è quasi arrivato e presto ci sarà l’udienza della sezione fallimentare del Tribunale. Per questo è necessario trovare una strategia che possa davvero salvare l’azienda.
Il voto dei creditori che ha visto prevalere i contrari per poco più di 40mila euro lascia aperte svariate opzioni. Per un paradosso, il voto negativo con scarto più marcato avrebbe eliminato qualche imbarazzo agli amministratori, almeno sul piano operativo.
In questo caso, l’ipotesi di presentare una nuova proposta di concordato andando a rinunciare al percorso in essere sarebbe stata senz’altro prevalente.
Il ridotto gap tra favorevoli e contrari impone di fatto al Comune e all’azienda di andare a sottolineare al Collegio giudicante le diverse stranezze venute fuori in prima battuta dalla relazione dei commissari. Verrà chiesto di chiarire la disparità interpretativa sulla ammissibilità del voto dei creditori privilegiati. Ovvero, per quale ragione non è stato preso in considerazione validamente l’atto di rinuncia allo status preferenziale notificato in extremis da 55 dipendenti, che numeri alla mano sarebbe risultato decisivo, e perchè invece siano state giudicate ammissibili istanze analoghe di creditori non presenti in udienza. Queste incongruenze potrebbero generare un ricorso in opposizione alla non omologazione del concordato. Ciò porterebbe a delle lungaggini che allontanerebbero lo spettro della chiusura.
In caso di bocciatura formale del concordato, si è fatto notare da Via Santa Colomba, che non si potrebbe arrivare in automatico ad un fallimento dell’Amts. L’azienda finirebbe per tornare nelle condizioni precedenti il deposito della istanza di concordato, ovvero con i creditori che bussano alla porta e la società impossibilitata a onorare i debiti. La società, però, non è fallita ed è partecipata interamente dal Comune, socio unico, che potrebbe dunque essere chiamato a coprire i debiti.
La situazione è complicata e verrà valutata nelle prossime ore dal professore Carlo Di Ninni, docente di Diritto delle procedure concorsuali alla Federico II di Napoli. Dal luminare si aspetta l’indicazione della via d’uscita. Due sono le strade percorribili: ricorso o presentazione di una nuova proposta di concordato. Ci potrebbe essere, però, anche una terza via.
Questa è stata indicata da un’autentica autorità in materia, il commercialista di Benevento Mario Porcaro, che ha dichiarato: “Premesso che non conosco nel dettaglio la vicenda specifica, posso garantire per esperienza che c’è un istituto che consente alla azienda di evitare interruzioni traumatiche dell’attività proseguendo nella erogazione del servizio e assicurando le spettanze ai dipendenti. Si tratta dell’esercizio provvisorio che permette alla società di continuare ad operare esattamente come farebbe in virtù di un concordato. Unica condizione è mantenere il bilancio in utile o in pareggio, senza perdite che danneggerebbero i creditori. Si tratta di una procedura fallimentare, va detto. Ma se la priorità è la continuità, non vedo strumento migliore per tutelarla. Nel marzo del 2013 il mio studio ha chiesto e ottenuto dal Tribunale di Benevento l’esercizio provvisorio per la «BCI», azienda del settore automotive con sedi a Limatola e Desio. I cento dipendenti sono tuttora in attività e i creditori, tra i quali un colosso come Audi, ci hanno inviato persino lettere di congratulazioni”.