Revocatoria Fallimentare

Alcuna revocatoria per pagamenti dopo periodo sospetto


È possibile che l’azienda non abbia tenuto conto dei protesti del cliente pubblicati sul bollettino: chi per prassi vende “cash” quando c’è la fattura non ha bisogno d’informarsi della situazione dei partner commerciali.

Tutto ciò è stato affermato dalla Corte di Cassazione attraverso l’ordinanza 11809/14, pubblicata oggi dalla sesta sezione civile. Il collegio di legittimità ha accolto il primo motivo di ricorso di un fornitore contro la sentenza della Corte d’appello di Catania che dichiarava inefficaci i pagamenti ricevuti da un’azienda in fallimento nel periodo sospetto e la condannava a restituire alla curatela la somma. La srl ha impugnato la decisione del giudice di merito e proposto ricorso per Cassazione.

La ricorrente ha lamentato che la Corte territoriale ha ritenuto sussistente il presupposto soggettivo dell’azione sulla base di un unico elemento di prova presuntiva, ovvero la levata di numerosi protesti in danno dell’impresa poi fallita, senza considerare che la srl non aveva alcun ragione per consultare il relativo bollettino, in quanto, secondo la prassi commerciale adottata con tutti i clienti, andava ad effettuare le vendite solo dietro pagamento per contanti.

La Cassazione ha ritenuto fondato il primo motivo di ricorso. E infatti, l’unico elemento documentale su cui la corte territoriale basa, come presunzione, la prova della conoscenza in capo al fornitore dello stato di insolvenza dell’azienda è costituito dalla levata di numerosi protesti a carico della società poi fallita.

Il giudice del merito “ha però negato l’ammissione dei capitoli di prova testimoniale articolati dalla ricorrente per dimostrare che non consultava il bollettino dei protesti, attesa l’esistenza di una vera e propria prassi aziendale che, prevedendo unicamente l’accettazione di pagamenti in contanti eseguiti contestualmente alla data di emissione della fattura, non rendeva necessaria l’assunzione di informazioni in ordine alle condizioni economiche della clientela”. I capitoli di questo tipo sono stati ritenuti “irrilevanti e anzi ambigui e non decisivi atteso che, in termini generali, non può escludersi un’iniziativa del creditore che, perfettamente consapevole del dissesto del fallendo, tenda proprio a scongiurare il rischio ricevendo solo pagamenti in contanti”.
Questo ragionamento, secondo i giudici “potrebbe valere, in astratto, a negare ingresso a una prova concernente i soli pagamenti impugnati, mentre non giustifica il giudizio d’irrilevanza della diversa prova dedotta dalla ricorrente, salvo non voler affermare che, in presenza di numerosi protesti a carico del debitore poi fallito, il convenuto in revocatoria non possa in alcun modo dimostrare, neppure deducendo ragioni del tutto plausibili, di non aver consultato il relativo bollettino”. La Cassazione ha accolto il primo motivo di ricorso e cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Catania.


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