Legge Fallimentare

Sorte degli atti e dei pagamenti compiuti dal fallito


Atti compiuti dal fallito dopo la dichiarazione di fallimento 

Come ai più noto, con la procedura di fallimento il soggetto fallito perde la possibilità di disporre dei propri beni esistenti alla data di dichiarazione di fallimento, determinandosi così il c.d. “spossessamento” dei beni del fallito.
Vediamo nell’odierno approfondimento qual è la sanzione prevista dalla legge nel caso in cui, dopo la dichiarazione di fallimento, siano posti in essere atti o compiuti pagamenti ad opera del fallito. 
 

La sanzione al divieto

Secondo quanto stabilito dall’art. 44 l.f.Tutti gli atti compiuti dal fallito e i pagamenti da lui eseguiti dopo la dichiarazione di fallimento sono inefficaci rispetto ai creditori. Sono egualmente inefficaci i pagamenti ricevuti dal fallito dopo la sentenza dichiarativa di fallimento. Fermo quanto previsto dall’art. 42 secondo comma, sono acquisite al fallimento tutte le utilità che il fallito consegue nel corso della procedura per effetto degli atti di cui al primo e secondo comma.”
Sulla scorta di quanto previsto, quindi, nessun atto e nessun pagamento compiuti dopo la dichiarazione di fallimento possono avere efficacia nei confronti dei creditori e pregiudicare il patrimonio fallimentare. 
Il fallito, quindi, viene privato della disponibilità dei suoi beni e gli atti e i pagamenti da lui compiuti nel corso del fallimento sono inefficaci rispetto ai creditori concorsuali.
Secondo quanto statuito dalla Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 1724/2015 “il regime di inefficacia previsto dall'art. 44, comma 2, l. fall. trova integrale applicazione soltanto per i pagamenti ricevuti dal fallito per titoli anteriori al fallimento e si ricollega tanto alla cristallizzazione del patrimonio del debitore, quanto allo spossessamento conseguenti alla dichiarazione di fallimento e cioè al fatto che quest'ultima priva il fallito, dalla data di deposito della sentenza, dei poteri di amministrazione e disposizione del suo patrimonio, trasferendoli agli organi della procedura fallimentare, nell'interesse della massa dei creditori.”
 

Relatività dell’inefficacia 

L’inefficacia, quale sanzione degli atti compiuti dal fallito ex art. 44 l.f. può essere considerata come inefficacia relativa, sia sotto un aspetto soggettivo che temporale: 
  • sotto il profilo soggettivo, l’atto non sarà opponibile ai soli creditori concorsuali.
  • sotto il profilo temporale, invero, l’inopponibilità sarà comunque limitata, ossia varrà solamente per la durata della procedura ossia fino alla chiusura per procedimento del fallimento.  
Conseguentemente, occorre precisare che nonostante non ci sia un termine fissato per la proposizione dell’azione ex art. 44 L.F.., questa può essere proposta solamente dal Curatore fallimentare ed una volta che sia cessato il fallimento l’atto acquisterà efficacia.
 

Pagamenti eseguiti e ricevuti dal fallito 

Nel caso in cui il pagamento sia stato effettuato dal fallito, il curatore deve dichiararne l’inefficacia e richiederne la restituzione al fine di tutelare la par condicio creditorum.
Oltre ai pagamenti eseguiti, sono sanzionati anche i pagamenti effettuati al fallito.
Nello specifico, il legislatore ha inoltre previsto che nessun pagamento dei debitori effettuato nelle mani del fallito, dopo la sentenza dichiarativa di pagamento, può avere effetto liberatorio per la parte obbligata.
 
 
 

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