Fallimento

Rapporto di lavoro pendente: cosa succede nel caso in cui intervenga il fallimento?


Lavoro subordinato e fallimento

Nel momento in cui si verifica il fallimento di una società, il problema che sorge immediatamente è la sorte dei rapporti di lavoro subordinato ancora pendenti al momento dell’apertura della procedura.

L’unico riferimento al rapporto di lavoro subordinato pendente alla data di fallimento, prima della riforma della legge fallimentare intervenuta con il d.lgs. n. 5/2006, era ravvisabile nell’art. 2119, comma 2 c.c. il quale statuisce che: “Non costituisce giusta causa di risoluzione del contratto il fallimento dell’imprenditore o la liquidazione coatta                                                                                 amministrativa dell’azienda.”

Tuttavia, nessuna norma faceva riferimento agli effetti del fallimento sui contratti di lavoro subordinato ancora in corso di esecuzione al momento dell’apertura della procedura concorsuale.

 

Mancata risoluzione automatica

Il D.lgs. citato è intervenuto a modificare l’art. 72 L.F. ed ora è possibile fare riferimento a quanto da questo disciplinato anche con riferimento ai rapporti di lavoro subordinato pendenti al momento dell'apertura del fallimento di una società. 

La norma in oggetto, infatti, stabilisce che: “se il contratto è ancora ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe le parti quando, nei confronti di una di esse, è dichiarato il fallimento, l’esecuzione del contratto rimane sospesa fino a quando il curatore, con l’autorizzazione del comitato dei creditori, dichiara di subentrare nel contratto in luogo del fallito, assumendo tutti i relativi obblighi, ovvero di sciogliersi dal medesimo, salvo che, nei contratti ad effetti reali, sia già avvenuto il trasferimento del diritto."

Pertanto, con la dichiarazione di fallimento il contratto di lavoro subordinato entra in una fase di stasi fino a quando il curatore non si esprime sulla prosecuzione o meno dei rapporti.

La sospensione del rapporto, con applicazione della disciplina prevista dall’art. 72 L.F. è stata confermata dalla Cassazione con sent. 7473/2012 con la quale è stato confermato che “la dichiarazione di fallimento del datore di lavoro che abbia cessato l'attività aziendale comporta la sospensione del rapporto di lavoro pendente”.

Cosa possono fare il curatore e il lavoratore?

l curatore può:

  • subentrare nel contratto di lavoro, con autorizzazione del comitato dei creditori. In questo caso al curatore spetterà l’assunzione degli obblighi e dei debiti solo per le prestazioni rese a favore della procedura: i debiti ante fallimento andranno richiesti tramite insinuazione al passivo. Il curatore dovrà poi provvedere al pagamento delle retribuzioni, dei contributi previdenziali ed assistenziali in prededuzione;
  • sciogliersi dal contratto: in questo caso la risoluzione del rapporto verrà attuata attraverso il licenziamento ( le modalità saranno quelle proprie dell’ordinamento lavoristico ).

Il lavoratore, invero, può decidere di:

  1. dare le dimissioni;
  2. proporre l’azione interrogatoria ex art. 72, comma 2 L.F.: il contraente può mettere in mora il curatore, facendogli assegnare dal giudice delegato un termine non superiore a 60 giorni, decorso il quale il contratto si ritiene sciolto.

 


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