Pignoramenti

L’atto di pignoramento dell’Agenzia Entrate-Riscossione non ha fede privilegiata


L’atto di pignoramento è atto esecutivo di parte? 

Ci si è chiesto se le affermazioni contenute nell’atto di pignoramento presso terzi ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973 ex art. 72 bis, predisposto dall’ufficiale di riscossione godano di una presunzione di veridicità fino a querela di falso oppure debbano essere considerate al pari di quelle contenute in un qualsiasi atto processuale di parte.  
Vediamo, nel caso di specie, quanto è stato enunciato dalla Suprema Corte di Cassazione. 
 

La Cassazione – il caso discusso 

Un ente di riscossione procedeva, ex art. 72-bis d.P.R. n. 702/1973, a pignoramento. Il debitore proponeva opposizione agli atti esecutivi eccependo l’omessa indicazione dei crediti per i quali si procedeva. Il Tribunale accoglieva l’opposizione dichiarando nullo l’atto impugnato. 
L’Ente gestore proponeva ricorso straordinario ex art. 111 Cost. sostenendo che l’allegazione all’atto di pignoramento dell’elenco delle cartelle di pagamento per cui si procedeva non potesse essere posta in discussione stante la fede privilegiata di cui godono i fatti accertati dal pubblico ufficiale. 
Tale fidefacienza doveva essere riferita in particolare all’attestazione del responsabile della procedura contenuta nell’atto di pignoramento, relativa all’allegazione allo stesso dell’elenco delle cartelle di pagamento. 
La Suprema Corte di Cassazione ha affermato, tuttavia, che la fidefacienza ex art 2700 c.c. è riservata solamente agli atti pubblici, considerando l’atto dell’ente di riscossione quale atto processuale di parte
In particolare la Corte di Cassazione con sentenza n. 26519 del 9 novembre ha statuito che gli atti processuali di Equitalia non godono di fede privilegiata perché sono redatti nell’ambito di funzioni diverse da quelle di ufficiale giudiziario. 
Nello specifico ha statuito che: “L'atto di pignoramento presso terzi eseguito dall'agente di riscossione ai sensi dell'art. 72 -bis d.P.R. n. 602 del 1973 in sede di esecuzione esattoriale, sebbene preordinato alla riscossione coattiva di crediti erariali, non acquisisce per ciò stesso la natura di atto pubblico, ai sensi e per gli effetti degli artt. 2699 e 2700 cod. civ., conservando invece quella di atto processuale di parte.
La Corte ha proseguito affermando che: “Consegue che l'attestazione ivi contenuta delle attività svolte dal funzionario che ha materialmente predisposto l'atto (nella specie, concernente l'allegazione di un elenco contenente l'indicazione delle cartelle di pagamento relative ai crediti posti in riscossione) non è assistita da fede pubblica e non fa piena prova fino a querela di falso, a differenza di quanto avviene quando l'agente di riscossione esercita - ex art. 49, comma 3, d.P.R. n. 602 del 1973 - le funzioni proprie dell'ufficiale giudiziario, ad esempio notificando il medesimo atto.”
 

Distinzione 

A parere degli Ermellini, è bene distinguere 2 ipotesi
  1. quando l’agente di riscossione agisce come pubblico ufficiale con conseguente attribuzione dei poteri ex artt. 2699 e 2700 c.c.;
  2. quando l’agente di riscossione agisce quale soggetto privato sprovvisto dei suddetti poteri pubblici.
Orbene, mentre la notificazione dell’atto di pignoramento costituisce funzione tipica dell’ufficiale giudiziario, sicché all’agente di riscossione che ad esso si sostituisce vanno riconosciuti gli stessi poteri, altrettanto non può dirsi per la stesura dell’atto medesimo, che non rientra tra le attribuzioni dell’ufficiale giudiziario, ma costituisce un atto di parte.
Concludendo, il contribuente potrà contestare ciò che è indicato in un atto di pignoramento presso terzi redatto dall’agente della riscossione senza che si renda necessaria la querela di falso
 
 
 

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